Internet of Things e Smart City: le tendenze in Italia e all’estero

Le tecnologie IoT giocano un ruolo sempre più cruciale nei progetti per le “città intelligenti”. Un’indagine dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano approfondisce le applicazioni più diffuse (sempre più “multifunzione”) e la difficoltà di stimolare investimenti privati, dimostrando con il caso di Pavia l’efficacia del modello Smart Urban Infrastructure

Pubblicato il 21 Mar 2014

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L’espressione Smart City è un concetto molto ampio e non solo tecnologico, che spazia dalla mobilità all’efficienza energetica, e dall’eGovernment alla partecipazione attiva dei cittadini, e si pone come obiettivo l’innalzamento degli standard di sostenibilità, vivibilità e dinamismo economico delle città del futuro. In questo quadro, l’Internet of Things (IoT) sta acquisendo sempre più chiaramente il ruolo di tecnologia abilitante, grazie ai suoi molti impieghi per ottimizzare l’uso delle risorse e potenziare i servizi offerti nelle aree urbane.

Per fare il punto sugli sviluppi in corso e sulle tendenze che ne emergono, l’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano ha effettuato un’analisi su 116 città (51 in italia, 65 all’estero), e 258 applicazioni Smart City abilitate appunto dalle tecnologie IoT.

Una delle principali risultanze è il progressivo spostamento verso progetti nativamente multifunzionali, cioè che condividono − in tutto o in parte − la dotazione tecnologica tra più applicazioni. Questo trend si spiega sia con la naturale trasversalità applicativa dell’IoT, sia con la necessità di ripartire gli investimenti su un più ampio numero di servizi per imprese e cittadini, e si riscontra sia in Italia che all’estero: l’analisi internazionale mostra che più del 30% dei progetti avviati dal 2012 tocca almeno due ambiti applicativi, il 12% almeno tre.

La multifunzionalità tocca – con i dovuti distinguo – sia piccoli Comuni che grandi metropoli. Nel primo caso i progetti si concentrano su pochi ambiti applicativi, come nel caso di Integreen a Bolzano, che aggrega informazioni dinamiche su traffico e parametri ambientali raccolte da veicoli sonda, e dati statici di centraline fisse. Le metropoli invece adottano piattaforme che toccano più aree tematiche, come la Smart City Platform di San Francisco che − sfruttando la rete wireless Mesh di sensori sparsi per la città − consentirà la gestione centralizzata e da remoto di sistemi di Illuminazione intelligente, Smart Metering & Smart Grid, Gestione della viabilità, Sicurezza, e ricarica delle batterie per veicoli elettrici.

Prevale la gestione della viabilità, che però in Italia è “poco IoT”

A livello globale le applicazioni IoT per la Gestione della viabilità numericamente predominano: il 65% delle città ha avviato almeno un’iniziativa di questo tipo. Oltre a progetti “storici”, largamente diffusi e legati perlopiù all’acquisizione di informazioni geo-referenziate su viabilità e controllo delle zone a traffico limitato (ZtL), si inizia a osservare anche in Italia − nei progetti più recenti − un crescente uso di tecnologie IoT, che consente maggiore raggiungibilità degli oggetti, condivisione dei dati e in alcuni casi multifunzionalità.

Un esempio interessante è il progetto Compass4D di Verona, avviato nel 2013, in cui la comunicazione tra veicoli e sistema semaforico consente di migliorare fluidità e sicurezza della circolazione. Questo trend emerge con più forza all’estero, dove i progetti sono numerosi: tra questi Smart-in-Car a Eindhoven, Optimod Lyon a Lione e Connected Vehicle Safety Pilot Program ad Ann Arbor, USA.

Da Illuminazione intelligente e Raccolta rifiuti i benefici più immediati

Oltre alla Gestione della viabilità, risultano molto diffuse in Italia le applicazioni di Illuminazione intelligente per il telemonitoraggio e telecontrollo dei lampioni (13% delle applicazioni, 30% delle città italiane analizzate) e di Raccolta rifiuti per l’identificazione dei cassonetti e il supporto alla tariffazione puntuale (13% delle applicazioni, 28% delle città). La tangibilità dei benefici di efficienza e qualità del servizio erogato è il fattore chiave che spiega la numerosità di questi progetti.

Vi è inoltre una forte presenza di applicazioni sperimentali (circa il 60% del totale), in cui il maggior utilizzo di tecnologie IoT abilita la multifunzionalità. Si tratta spesso di casi in cui le applicazioni più “mature” prima citate vengono “rilette” e affiancate ad altre più embrionali. Vi sono progetti di Illuminazione intelligente che integrano videosorveglianza e monitoraggio del traffico e dei parametri ambientali (progetto Spiga Smart Street a Milano), o soluzioni per la Sicurezza che uniscono alla tradizionale videosorveglianza il monitoraggio delle folle e la rilevazione automatica degli incidenti (progetto VANAHEIM a Torino).

L’Osservatorio nota con soddisfazione che sempre più spesso gli investimenti in progetti Smart City mostrano una “regia comune” cittadina, entro cui le singole applicazioni − avviate anche da attori distinti – possono inserirsi in modo coeso e più aderente ai bisogni e risorse della comunità. Si registra così la nascita di programmi Smart City a Genova, Milano, Napoli e Torino, solo per citarne alcuni.

Finanziamenti, in Italia dominano bandi UE e nazionali

Oltre un terzo dei progetti Smart City in italia si basa ancora oggi su fondi provenienti da bandi UE (come Horizon 2020, LiFe+, FeSR − Fondo europeo di Sviluppo Regionale) o a livello nazionale (come i bandi MiUR 2013 per le “Smart cities and communities”). Se si escludono le applicazioni di Illuminazione intelligente e Raccolta rifiuti, aiutati come detto dalla tangibilità dei benefici, i fondi pubblici sono pertanto il principale mezzo per attivare iniziative Smart City in italia.

All’estero invece si osserva una buona diffusione di Partnership Pubblico-Privato (PPP, 20% circa dei progetti esteri analizzati) e iniziano a emergere i primi casi di successo in grado di fungere da traino per future collaborazioni. In Italia il ricorso a tali strumenti rimane invece limitato, soprattutto per la difficoltà di inserirli nello specifico contesto normativo italiano, e di trovare forme di remunerazione del soggetto privato, oltre che per una generale diffidenza verso strumenti di project financing alla base di numerose PPP.

Su questo ultimo punto sta lavorando il Comitato per le comunità intelligenti istituito dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), con lo scopo di definire un set di modelli di coinvolgimento e cooperazione finanziaria che possano con più facilità essere compresi e illustrati ai cittadini da parte dei decisori pubblici.

Smart Urban Infrastructure, una risposta concreta all’esigenza di coinvolgere i privati

L’anno scorso l’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano ha introdotto il concetto di Smart Urban Infrastructure (SUI), dimostrando con uno studio analitico che la creazione di una SUI volta a offrire tre servizi (Smart Metering gas, Illuminazione intelligente, Raccolta rifiuti) a una città di medie dimensioni consente, rispetto a una realizzazione non coordinata di tali servizi, un risparmio del 25-50% dei costi di investimento e del 50-70% dei costi operativi.

La Ricerca di quest’anno ha provato a dare ulteriore concretezza a questa visione, applicandola a una città reale: Pavia. Abbiamo raccontato in un articolo a parte di questo progetto, basato su un modello di cooperazione in cui la Municipalità concede l’uso dei propri asset in forma agevolata al soggetto privato che investe e gestisce la SUI, il quale in cambio riconosce alla Municipalità delle tariffe favorevoli per la connessione dei propri oggetti intelligenti.

Dal modello realizzato emerge come con un’opportuna negoziazione di questi parametri possano emergere benefici sia per il privato, sia per il pubblico. Le duplici sinergie evidenziate (legate alla SUI e alla collaborazione pubblico-privato), sottolinea l’Osservatorio, «appaiono a nostro avviso l’unica strada per uscire dalla cronica mancanza di fondi, dall’incapacità degli attori privati in questa fase recessiva di investire per creare una nuova infrastruttura abilitante, e dalla difficoltà delle Municipalità di valorizzare taluni propri asset e rendere più efficienti i propri processi. Le esperienze europee dimostrano che una soluzione si può trovare. Non farlo sarebbe l’ennesima opportunità persa dall’Italia».

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