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Il monitoraggio satellitare per combattere il dissesto ambientale

Il monitoraggio satellitare può essere una soluzione efficace per la salvaguardia dell’ecosistema. Grazie all’uso di algoritmi di intelligenza artificiale è possibile ricavare dalle immagini multispettrali indicatori utili ai fini del monitoraggio ambientale, della copertura e dell’uso di suolo. Edoardo Carlesi, Machine Learning Specialist di TopNetwork, suggerisce come fare.

Pubblicato il 03 Lug 2023

Monitoraggio satellitare: satellite in orbita

I numeri sul dissesto ambientale e idrogeologico in Italia mostrano chiaramente che il nostro è un territorio estremamente fragile, caratterizzato da frequenti esondazioni, alluvioni, frane, valanghe, incendi, eruzioni vulcaniche, erosione costiera. Lo abbiamo visto anche con la recente e drammatica alluvione in Emilia-Romagna. Per fare fronte a queste criticità, nel corso degli ultimi anni, le attività di monitoraggio ambientale sono divenute sempre più centrali nella gestione e nello sviluppo del territorio naturale e urbano. Questa centralità è data soprattutto dall’evoluzione della tecnologia. Tra le diverse soluzioni impiegabili per il monitoraggio del territorio, i satelliti si stanno rilevando uno strumento aggiuntivo, particolarmente efficace.

“Il telerilevamento satellitare o Remote Sensing permette l’acquisizione serie temporali di dati, sottoforma di immagini multispettrali, su vaste aree di superficie terrestre in tempi relativamente brevi. Rilevando la radiazione riflessa dalle superfici in ampi intervalli dello spettro elettromagnetico (spettro EM), le varie soluzioni tecnologiche di cui sono provvisti i satelliti, dai sensori radar ai multispettrali, acquisiscono immagini impiegabili in svariati campi di applicazione, ai fini del monitoraggio del territorio, del risk management e della gestione dei disastri naturali”, afferma Edoardo Carlesi, Machine Learning Specialist di TopNetwork , tech company specializzata nella fornitura di servizi e soluzioni di Consulenza Informatica, System Integration e Application Management.

Perché usare il monitoraggio satellitare

I dati satellitari rendono possibile l’osservazione, continua e precisa, di processi e fenomeni globali, sia naturali che di origine antropica. Secondo Carlesi, grazie alla loro varietà, all’uso delle tecnologie IoT e AI e all’integrazione di moli enormi di dati provenienti da piattaforme eterogenee (dati da satellite, dal suolo in real time, da archivi storicizzati, social networks ecc.) è possibile lo sviluppo di servizi geo-spaziali radicalmente innovativi per una migliore gestione delle risorse ambientali e del territorio, dei rischi e delle emergenze, anche collegati al cambiamento climatico e ai suoi impatti. I campi di applicazione sono moltissimi.

“Ai fini del monitoraggio ambientale, solitamente, vengono impiegati i dataset di immagini satellitari forniti dal programma europeo di osservazione della Terra Copernicus, coordinato dalla Commissione Europea con la compartecipazione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA). Nell’ambito del programma, infatti, sono resi disponibili, tutti i dati dei servizi e le immagini acquisite da un insieme di sei missioni di satelliti Sentinel (da Sentinel-1 a Sentinel-6), che contribuiscono al sistema globale di monitoraggio per l’osservazione della Terra (Global Earth Observation System of System – GEOSS). Questi satelliti forniscono immagini radar e ottiche ad alta risoluzione del nostro pianeta, che consentono il monitoraggio del territorio (copertura vegetale, suolo e acqua ecc.), del mare (temperatura, andamento della superficie marina ecc.) e dell’atmosfera. Per lo sviluppo delle nostre soluzioni, in TopNetwork utilizziamo principalmente i dati delle missioni Copernicus Sentinel-2 e Sentinel-3”, spiega Carlesi.

Obiettivo principale dei due satelliti Sentinel 2 e 3, nello specifico, la mappatura della superficie oceanica, il monitoraggio della copertura del suolo (land cover) e dei disastri ambientali, mediante misure di temperatura di terra e immagini multispettrali della superficie, sia terrestre che marina, che possono essere impiegate per lo studio di determinate variabili chimico-fisiche.

“Uno dei parametri utilizzato più spesso, ad esempio, è quello relativo all’umidità del terreno, che consente di determinarne il grado di saturazione o di secchezza e di valutare quindi la propensione del territorio analizzato all’allagamento piuttosto che all’incendio. Il monitoraggio della copertura e dell’uso del suolo è fondamentale per supportare e valutare il percorso verso lo sviluppo sostenibile dei territori. Rispetto ai metodi tradizionali, che prevedono l’uso di sensori a terra o il controllo sul posto, il vantaggio fornito dalle immagini satellitari è quello di poter monitorare anche zone remote e difficilmente accessibili, come alcune aree montuose o boschive estese e con un’orografia complessa. I dati Sentinel possono essere scaricati gratuitamente, previa registrazione, dall’apposito portale dell’ESA”, afferma Carlesi.

Come funziona il monitoraggio satellitare

Nel complesso, le missioni Sentinel coprono tutta la superficie terreste e le immagini possono essere utilizzate in modo flessibile, adattandole, di volta in volta, allo specifico problema da analizzare.

“Le fotografie satellitari acquisite da queste missioni forniscono informazioni sia nelle lunghezze d’onda del visibile che dell’infrarosso, su diverse bande dello spettro elettromagnetico, vicino infrarosso (NIR, Near Infrared) e SWIR (Short Wave Infra Red), dichiara Carlesi.

In generale, le immagini satellitari sono caratterizzate da una risoluzione spaziale, che rappresenta l’area minima osservata dal singolo detector (pixel), variabile dal m a qualche km, e da una risoluzione temporale, che rappresenta l’intervallo di tempo tra due osservazioni della stessa zona della terra, che può andare dalla frazione di giorno alle decine di giorni.

“Ad esempio, la missione Sentinel 2 è dotata di un sensore ottico MSI (MultiSpectral Instrument) che acquisisce in 13 bande spettrali (tra i 443 nm e i 2190 nm) con una risoluzione spaziale tra 10 e 60 metri al suolo, mentre la Sentinel 3 ha una risoluzione che può variare da 250 a 300 e 500 metri, in funzione del tipo di immagini. Entrambe le missioni acquisiscono immagini su base settimanale. Questo fa sì che il monitoraggio non sia continuo”, spiega Carlesi. Tuttavia, arricchendo e incrociando queste fotografie satellitari con dati rilevati da previsioni meteo e dal terreno, tramite sensori sul campo che acquisiscono dati in continuo, è possibile ottenere delle informazioni più puntuali e precise della zona analizzata.

A cosa servono le immagini satellitari per il dissesto ambientale?

In generale, quindi, le informazioni fornite dalle immagini satellitari sono generiche e possono essere utilizzate in vari ambiti e nella risoluzione di diversi problemi, mediante analisi di tipo statico e di natura previsionale (forecast).

“Partendo da uno stesso database, quello acquisito dall’ESA, opportunamente strutturato tramite i nostri sistemi di algoritmi, siamo in grado di utilizzare il dato e l’immagine in modo differente, in funzione della specifica problematica ed esigenza dell’utente finale, dal rischio incendio all’identificazione del verde o delle aree urbane, lavorando su specifiche caratteristiche e parametri nel campo del visibile o dell’infrarosso vicino, medio e lontano. Il rischio di incendio, ad esempio, è legato ad alcune variabili, quali la temperatura, l’umidità e la secchezza del terreno, i venti, la presenza di boschi e foreste e a tutta una serie di informazioni reperibili sia dalle stazioni meteo che dai satelliti. Le immagini satellitari possono quindi essere utilizzate per la delimitazione delle aree incendiate e per l’individuazione dei punti più critici oppure per generare delle mappe di rischio territoriale su base settimanale. Per ottenere queste informazioni utilizziamo tecniche di Computer Vision e Deep Learning e, in particolare, reti neurali convoluzionali (CNN, Convolutional Neural Network) addestrate con dei dataset specifici di nostra proprietà, generati in azienda, per l’identificazione delle aree marine, boschive, agricole, urbane e la classificazione della superficie terrestre. Mediante questi algoritmi, combinando i diversi colori corrispondenti alle bande delle immagini multispettrali, si individuano una serie di indici altamente informativi che, integrati con le informazioni e le variabili ricavabili dalle stazioni meteo, permettono di riconoscere immediatamente le zone e le eventuali problematiche”, afferma Carlesi.

Gli indici sono uno strumento chiave per l’analisi, in quanto possono fornire, ad esempio, una misura dello stato di salute del verde, oppure problematiche specifiche come lo stress idrico.

“Ad esempio, la vegetazione – spiega Carlesi -assorbe la radiazione solare in diversi intervalli di frequenza e lunghezze d’onda, riemettendone una percentuale differente in ciascuna di esse. Questa percentuale è un indicatore dello stato di salute della pianta o dello stress idrico. Più precisamente, le immagini nella banda dell’infrarosso permettono di identificare bene la clorofilla che quindi risulta un indicatore dello stato di secchezza. Uno dei progetti a cui stiamo attualmente lavorando su alcuni territori della Sicilia, ad esempio, riguarda proprio la generazione degli indici di rischio di incendio per i quali utilizziamo una combinazione di dati satellitari di varia natura, nello specifico delle missioni Sentinel 2 e 3, e di dati acquisiti sul campo mediante sensori di umidità e antincendio. Un altro progetto, invece, riguarda il monitoraggio delle aree agricole , attraverso il quale siamo in grado di fornire all’utente finale informazioni non solo sui limiti e l’estensione delle aree ma anche gli indici di vegetazione con i quali monitorare lo stato di salute delle colture da remoto”.

Come esplorare l’evoluzione dei trend con le immagini satellitari

Oltre all’analisi statica, acquisendo lo storico dei dati relativi ad un determinato territorio, è possibile anche a ricostruire l’evoluzione del fenomeno osservato e individuare dei trend che vengono utilizzati per un’analisi predittiva in termini di disboscamento, di edilizia abusiva o per la riduzione delle aree verdi a seguito dello sviluppo di incendi.

“Acquisita una serie storica di immagini relative ad un determinato territorio, dall’analisi delle immagini pre-incendio, mediante algoritmi di Ai e reti neurali per la predizione di serie storiche, vengono create delle correlazioni tra le condizioni di base per lo sviluppo di incendio ed estratti i parametri fondamentali per il rischio di incendio. Tramite la combinazione di algoritmi di AI e tecniche di machine learning, si consegue il duplice vantaggio di processare le immagini e ricostruire il processo in modo automatico, ottenendo in tempo reale un’analisi dei trend. Ad esempio, nell’ambito di un progetto finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico che riguarda l’analisi del verde e delle zone urbane su tutto il territorio italiano, basandoci sullo storico delle immagini dal 2016 ad oggi, abbiamo sviluppato dei sistemi di intelligenza artificiale che sono in grado di identificare in una foto satellitare l’estensione delle aree urbane e delle foreste e di ricostruirne gli andamenti e i trend di sviluppo nell’arco degli anni, fornendo uno strumento utile alle Amministrazioni locali del territorio. Grazie ad un expertise trasversale su vari ambiti dell’AI, possiamo inoltre integrare questo tipo di analisi con informazioni ricavate da altri contesti, relativamente agli aspetti ambientali, economici e ai social media, per restituire una fotografia ancora più completa del territorio e uno strumento di indagine conoscitiva più funzionale alle esigenze degli Amministratori”, conclude Carlesi.

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