Blockchain e IoT per tracciare provenienza e sostenibilità ambientale nell’agrifood

La startup inglese Provenance ha condotto con successo un progetto basato sulla Blockchain per acquisire informazioni sulla filiera del pasce, a partire dai dati sulla zona di pesca, al metodo e alla tipologia di imbarcazione utilizzata con tutti i passaggi legati alla supply chain: dallo scoglio al nostro piatto

Pubblicato il 05 Ott 2016

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Molti di noi hanno sentito spesso parlare di bitcoin, le criptomonete utili per i pagamenti sul Web. Meno noti sono, invece, i benefici delle Blockchain, su cui i bitcoin si fondano per garantire quel trust necessario a far sì che aziende e privati siano tutelati in merito alla trasparenza e alla copertura finanziaria sottostante l’emissione delle crittomonete. Bitcoin, infatti, usa le blockchain per creare un sistema di pagamento peer-to-peer (P2P) altamente sicuro. Le Blockchain diventano una sorta di “libro mastro”, un registro digitale all’interno del quale viene tenuta traccia di ogni singola operazione di scambio di valuta e in cui si registra l’identità dei titolari della valuta scambiata, attraverso l’apposizione di una firma digitale. Ciò consente di verificare in tempo reale l’ammontare di valuta elettronica in capo a ogni singolo soggetto della catena senza alcuna possibilità di errore. La possibilità di compromettere, manomettere o sabotare i record (e i bitcoin, per “gonfiarne” l’ammontare) è, quindi, davvero remota. La tecnologia in questione ci porta nell’ambito del Precision farming e ha la capacità di cambiare radicalmente il modo in cui affrontiamo la finanza ma la sua duttilità permette di applicarla anche a qualsiasi altro ambito in cui sia necessario stabilire una sorta di trust “super partes” in grado di garantire la qualità, l’origine e l’identità di persone, prodotti e processi. Ecco che, allora, le Blockchain possono rappresentare una soluzione inclusiva e globale per la tracciabilità delle informazioni relative alla provenienza degli alimenti.

Le applicazioni nell’industria alimentare

La startup inglese Provenance, per esempio, ha appena reso noti i risultati di un progetto nel quale le Blockchain sono state utilizzate per creare un pionieristico sistema di tracciabilità delle origini del pescato e, in modo granulare, risalire all’area di pesca e altri attributi come il metodo usato per la pesca, la tipologia di imbarcazione impiegata e via dicendo. E’ un progetto che si colloca nel solco della realizzazione di una vera Internet of Food.
L’idea era di riuscire a trovare un metodo che permettesse di porre un freno alle pratiche illegali – schiavitù e pesca di frodo in primis – che afflliggono l’industria alimentare mondiale. Provenance, questo il nome del progetto, ha trovato un modo innovativo di combinare tecnologie mobile, Blockchain ed etichette intelligenti per tenere traccia del pescato, in modo da garantire la sostenibilità dal punto di vista sociale e ambientale delle pratiche attuate, specie nel Sud del mondo.

Il benestare di Greenpeace

Il pilota, condotto in Indonesia da gennaio a giugno di quest’anno, ha permesso di fare il tracking del pescato senza che fosse necessario un sistema di gestione dati centralizzato.

Il 90% dei frutti di mare consumati negli Stati Uniti (dati dell’agenzia governativa statunitense USAid), proviene dal sudest asiatico e quest’industria dà lavoro a circa 200 milioni di persone in quell’area. Se implementata correttamente, quindi, la tecnologia Blockchain permetterà a creare un modo più fluido e trasparente di tracciare quel che arriva sui nostri piatti, tutelando anche i lavoratori del settore, ma il modello puà essere steso ad altri contesti che si stanno indirizzando verso l’adozione di piattaforme dell’Industria 4.0.

L’Indonesia, in particolare, è il principale paese produttore di tonno al mondo e ha fornito, quindi, le condizioni ideali per il test. Oltre 60 milioni di persone vivono nelle comunità costiere del paese e la pesca al tonno è la maggior fonte di sostentamento per milioni di famiglie. Nel nord del paese, poi, la pesca al tonno è particolarmente complicata poiché è in corso una vera e propria “guerra” tra i pescatori locali e quelli delle vicine Filippine che, molto spesso, sconfinano nelle acque indonesiane. Difficile tracciare con i metodi tradizionali (cartacei) le pratiche illegali poste in essere dai pescherecci filippini e l’applicazione della tecnologia Blockchain contribuirebbe certamente a fare più chiarezza sulle zone di provenienza del pescato. Con buona pace di Greenpeace, che apprezza i tentativi di far collimare il progresso tecnologico con la trasparenza e la sostenibilità. Tim McKinnel, Research e Investigation Manager per la campagna sul tonno di Greenpeace ha, infatti, commentato: «Se implementate correttamente, le tecnologie relative alle catene di blocchi hanno le potenzialità per soddisfare i requisiti necessari a creare un meccanismo trasparente di monitoraggio in grado di migliorare la qualità e la sostenibilità della pesca, non solo in Asia. Ogni sviluppo tecnico futuro, però dovrà inevitabilmente andare di pari passo con un’evoluzione della legislazione in atto e dei controlli relativi, in grado di garantire che, per nessun motivo, il frutto della pesca di frodo, illegale o irregolare possa essere immesso nella supply chain».

Immagine fornita da Shutterstock

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