IBM Point of View

Dai dati dell’IoT alla conoscenza, fino al vantaggio competitivo: il ruolo di AI e Machine Learning

Pubblicato il 12 Mag 2021

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In un interessante post pubblicato sul blog ufficiale di IBM, Eric Libow, IBM Distinguished Engineer, specializzato in ambiti che spaziano dall’IoT ai servizi cognitivi, chiarisce bene il punto.
Che si parli di IoT, Internet of Things, vale a dire della connessione dei dispositivi (qualunque dispositivo) a Internet, o di IIOT, vale a dire l’estensione dell’IoT per supportare applicazioni industriali, come il monitoraggio degli apparati o i servizi di manutenzione, si tratta di un mercato dai numeri davvero importanti e – quel che più conta – in crescita costante.
Secondo le stime di TBR – Technology Business Research, infatti, si tratta di un comparto che mette a segno crescite medie vicine al 25 per cento anno su anno, destinato a raggiungere i 1700 miliardi di dollari di valore complessivo entro il 2025.
Numeri che non stupiscono, se si prova ad analizzare l’estrema varietà dei dispositivi che rientrano in questo ambito: dai tradizionali sensori di temperatura, velocità, rumore, ai misuratori di valori prestazionali, fino alle applicazioni più specifiche per il riconoscimento degli oggetti.
Il punto, tuttavia, scrive Libow, è capire a cosa serve l’IoT.
L’Internet of Things fine a sé stesso non serve. L’IoT è un mezzo, non il fine.
L’Internet of Things deve essere pensato come a un abilitatore per soluzioni settoriali, verticali e specifiche che si basano sulle capacità dei dispositivi connessi per raccogliere dati che devono a loro volta integrarsi ad altri dati, provenienti da fonti eterogenee per dar vita a iniziative di trasformazione digitale.
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Dai dati dell’IoT le opportunità per “fare meglio”

Per spiegare la pervasività dell’Internet of Things, Libow definisce un insieme di applicazioni nei quali trova declinazione l’IoT: dai dispositivi come termometri e accelerometri che misurano le caratteristiche del mondo reale e generano informazioni di misurazione numerica, alle telecamere e ai microfoni che generano flussi di informazioni in formato video e audio, dai beacon ai sensori di carico, dai sensori di presenza ai rilevatori di posizione, dai sensori installati a bordo dei veicoli a quelli installati a bordo di macchine di produzione.
Dispositivi e sensori che generano flussi di dati che devono essere trasformati in informazioni per acquisire significato e valore per chi li utilizza.
I dati hanno bisogno di una piattaforma che ne consenta la trasmissione, l’ingestion, l’archiviazione, l’analisi e la successiva visualizzazione, e soprattutto che ne abiliti l’integrazione in altre applicazioni, dal Machine Learning all’Intelligenza Artificiale, perché esprimano tutto il loro potenziale.
Nella sua analisi, Libow prova anche a sintetizza alcuni use case nei quali i dati dell’IoT consentono di “fare e fare meglio”.

I casi d’uso per la valorizzazione dei dati dell’IoT

In un settore come quello della logistica e nella gestione delle supply chain, messo a dura prova anche durante le fasi più critiche della crisi pandemica, le tecnologie IoT consentono il tracciamento di oggetti fisici, il monitoraggio delle condizioni ambientali nelle quali le merci sono conservate – dagli alimentari ai farmaci -, o ancora la verifica dell’effettiva disponibilità a magazzino.
Nel mondo del building, l’attivazione di sistemi di monitoraggio e controllo consente di gestire in modo puntuale ed efficienze servizi primari quali riscaldamento, raffrescamento e illuminazione. Anche in questo caso, la crisi pandemica ha messo in evidenza l’importanza dei sensori di presenza per garantire quel social distancing indispensabile per la tutela della salute delle persone.
E che dire delle prospettive che si aprono quando si parla di veicoli connessi, in grado di fornire informazioni sulla qualità della guida dei conducenti, sullo stato di efficienza della macchina, o delle condizioni stradali?
Nel mondo della sanità, la telemedicina e il monitoraggio remoto dei pazienti stanno diventando il “new normal”, mentre nel retail l’analisi dei comportamenti dei clienti aiutano a proporre attività di marketing sempre più personalizzate.

Dal dato all’automatizzazione

Dal punto di vista delle imprese, il connubio tra i dati dell’IoT, i dati provenienti dalle applicazioni aziendali, l’Intelligenza Artificiale e la potenza del Cognitive è fonte di enormi opportunità di innovazione e apre la strada alla creazione di un nuovo vantaggio competitivo per le imprese di qualunque settore.
La possibilità di integrare informazioni strutturate e non strutturate da dispositivi, persone, consente infatti di ottenere insight dalle informazioni in near-real time, di elaborare analisi preventive e predittive, di sviluppare applicazioni cognitive.
Soprattutto, che è ciò che più conta, consente di automatizzare i processi intelligenti facendo leva sulla forza cognitiva e analitica di un cloud sicure, per potenziare e rendere efficaci i percorsi di trasformazione.

Quale metodologia per trarre valore dati dati dell’IoT

Alla luce di queste considerazioni, esiste una metodologia per trarre effettivamente valore dai dati?

In un altro blog post, IBM suggerisce un percorso in 4 step. Vediamoli insieme.

Passaggio 1: Collect

Il primo passaggio è forse quello più ovvio: raccogliere i dati IoT. O, più precisamente, raccogliere i dati tutti i dispositivi in ​​un formato utilizzabile.

Passaggio 2: Visualizzare i modelli

Come ben spiegava Libow, non basta connettere un dispositivo. L’importante è il motivo per cui lo si fa. L’attenzione deve dunque spostarsi dall’ambito esclusivamente tecnologico a quello strategico. Qual è, ad esempio, il senso di avere un sistema di illuminazione connesso, potendo, ad esempio, accendere o spegnere le lampadine attraverso il loro sensori? Qual è la sua utilità? È una applicazione abbastanza utile da giustificare la trasformazione dell’impianto?
In questo caso, l’utilità di questa trasformazione sta nelle informazioni che un impianto illuminante connesso può darci sul modo in cui viene utilizzato, sul consumo di energia, sui possibili sprechi. Solo in questo modo l’informazione si trasforma in “actionable insight” sul quale è possibile poi agire.

Passaggio 3: L’analisi

Il terzo passaggio identificato da IBM punta a rendere i dati ancora più intelligenti attraverso attività di analisi. L’analisi consente di mettere in relazione e in tempo reale i dati dei dispositivi con le informazioni esistenti, anche quelle storiche, al fine di ottenere un quadro più completo di ciò che accade sia sui dispositivi, sia nell’ambiente in cui sono inseriti. Dall’analisi dei Dati è possibile portare alla luce pattern, ricorrenze, schemi comportamentali che rappresentano elementi preziosi a supporto dei processi decisionali.

Passaggio 4: Infusion

Nel quarto passaggio del possibile lavoro sui dati dell’IoT entra in gioco l’Intelligenza Artificiale.
Infondendo elementi di Machine Learning e Intelligenza Artificiale nei dati è possibile ottenere ancora di più dai dati raccolti. AI e Machine Learning aiutano nel lavoro di pulizia sui dati e in tutto il processo di affinamento che porta alla luce i set di dati davvero rilevanti sui quali è poi possibile agire. Mano a mano che il processo e i modelli vengono perfezionati, è possibile dar vita a processi previsionali e predittivi, ad applicazioni per l’identificazione delle anomalie. È possibile, in altre parole, portare alla luce il contesto corretto nel quale i dati e il loro significato assumono senso e significato.
Un senso e un significato preziosi per il business.

Questi saranno i temi al centro del  Digital Event Data&AI Forum in programma il prossimo 18 maggio, un evento dedicato all’analisi e alla comprensione del ruolo dei dati e dell’Intelligenza Artificiale per lo sviluppo e la crescita di imprese e organizzazioni.

Immagine da Shutterstock

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