Cloud, boom di dati nel 2020: video, Sdn e IoT i driver

Il Global Cloud Index (2015-2020) elaborato da Cisco snocciola i numeri dell’esplosione dei dati nel prossimo quinquennio: fra 5 anni viaggeranno 14,1 zettabyte di informazioni fra i data center. La componente business continuerà a fare la voce grossa. Atteso il sorpasso del pubblico sul privato, che scenderà dal 51 a 32% dei workload totali

Pubblicato il 19 Dic 2016

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Una nuvola sempre più affollata dalla miriade di dati, con Internet of Things, Sdn e video che faranno da fucina perpetua di informazioni. La fotografia scatta dal Global Cloud Index (2015-2020) elaborato da Cisco restituisce un panorama cloud in espansione inarrestabile, con alcuni trend interessanti da seguire e una serie di sfide che attendono soprattutto il mondo dell’impresa.

Si prevede infatti che il traffico fra 2015 e 2020 aumenterà da 3,9 a 14,1 zettabyte l’anno, crescendo di quasi quattro volte nel periodo preso in esame. Questo boom, spiegano gli esperti della compagnia californiana, sarà dettato in gran parte dalla maggiore migrazione verso architetture in cloud, favorita dall’offerta di scalabilità e miglior supporto ai workload rispetto ai data center tradizionali. Il momento catartico del mercato sta dunque per arrivare, con aziende di tutte le dimensione pronte a sposare la nuvola per cercare più efficienza operativa e flessibilità, necessarie a garantire ai propri servizi business e consumer performance ottimali.

“In questi sei anni di studio, il cloud computing da una tecnologia emergente si è trasformato in una parte essenziale, scalabile e flessibile, dell’architettura per service provider di ogni tipologia in tutto il mondo – spiega Doug Webster, vice president of service provider marketing di Cisco -. Con video, IoT, Sdn/Nfv e molto altro, abbiamo previsto questa significativa migrazione cloud e l’aumento del traffico di rete generato dal costante impegno nell’ottimizzare infrastrutture che permettessero agli operatori di essere profittevoli fornendo servizi IP-based sia per le aziende che per i consumatori”.

Si stima che il 92% dei processi sarà gestito dai data center cloud, relegando quelli tradizionali ad una quota dell’8 per cento. La componente business continuerà a farla da padrone, con una crescita del volume dei dati quasi vicina alla triplicazione nel quinquennio 2015-2020. La relativa quota sul totale delle informazioni processate scenderà però dal 79 al 72%, cedendo spazio alla componente consumer che rappresenterà il restante 28% del totale, crescendo di circa 350 punti percentuali. Segno di un interesse sempre maggiore non solo da parte del mondo aziendale, ma anche di quello dei consumatori. Naturalmente, nell’era della trasformazione digitale guidata dall’IoT, l’industria 4.0, i big data e chi più ne ha più ne metta, la grande sfida riguarda le aziende.

All’interno del mondo business, i workload IoT/analytics/database cresceranno di più in termini di quota complessiva, anche se computer e collaboration manterranno ampiamente la propria voce grossa al 22% dei volumi. A guidare la crescita lato consumer saranno invece video e social networking, che copriranno rispettivamente il 34 e il 24% del totale, mentre il search workload rappresenterà il 15%. Il Global Cloud Index (2015-2020) di Cisco, inoltre, ha per la prima volta quantificato e analizzato l’impatto degli hyperscale data center, il cui traffico quintuplicherà nei prossimi cinque anni sostenendo il 53% di tutto il traffico data center nel 2020. Inoltre, il 60% di questi data center integrerà soluzioni Sdn/Nfv, ricercate perché in grado di garantire agli operatori una maggiore efficienza. È ovvio che l’utilizzo di sistemi cloud connotati da una complessità in costante aumento, richiederà elevati profili specializzati nelle aziende, obbligando quest’ultime a investire nella formazione delle competenze digitali. La stessa Cisco sta scommettendo sulle digital skill con iniziative mirate come il piano Digitaliani lanciato a gennaio scorso in Italia con un budget da 100 milioni.

Da notare inoltre che il cloud pubblico cresce più velocemente rispetto a quello privato e nel 2020 sarà già avvenuto il sorpasso: il 68% (298 milioni) dei workload cloud risiederà nei data center di cloud pubblico, rispetto al 49% (66.3 milioni) nel 2015 (35% Cagr 2015-2020); il 32% (142 milioni) dei workload cloud risiederà nei data center di cloud privato, rispetto al 51% (69.7 milioni) nel 2015. Ancora, sempre più consumatori si affideranno al cloud per lo storage (2,3 miliardi di utenti fra 5 anni, circa un miliardo in più rispetto allo scorso anno).

Una spinta all’adozione del cloud arriverà anche dalla diffusione capillare dei dispositivi Internet of Things, che troveranno applicazione nei settori industriali più disparati in nome dell’industry 4.0, anche più rispetto a quanto avviene già oggi ad esempio per le smart city e per l’energia intelligente. L’IoT sarà insomma secondo le previsioni di Cisco una delle tecnologie più disruptive e un grande generatore di dati. Il report segnala non a caso una significativa opportunità per una crescita ancora maggiore, a seconda di quanti nuovi dispositivi verranno collegati online, ma anche miglioramenti in materia di reti a livello globale che aumenteranno la propensione verso l’utilizzo di applicazioni cloud.

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