Videosorveglianza nella IoT: con le videoanalisi, oltre alla sicurezza, nuove applicazioni più smart

I sistemi di ripresa e di gestione delle immagini registrate, integrate a una nuova intelligenza applicativa, potenziano il valore della videosorveglianza. Le telecamere, infatti, sono sensori: grazie a una qualità superiore delle immagini e delle analisi oggi sono un tassello fondamentale della IoT e delle smart city. L’innovazione è favorita dal Jobs Act, che ha semplificato i processi di adozione

Pubblicato il 22 Feb 2016

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Negli ultimi vent’anni l’evoluzione della videosorveglianza ha potenziato il valore della tecnologia, migliorando le capacità di monitoraggio e di comprensione delle organizzazioni, sia in ambito pubblico che privato.

Grazie a nuove modalità di visione, tipologie di registrazione e di connessione nonché a una risoluzione in grado di rilevare panoramiche e dettagli con una qualità d’immagine sempre più elevata, infatti, i parametri di interpretazione delle riprese effettuate non potenzia solo il fronte della sicurezza ma anche quello del Decision Support System, offrendo nuovi elementi a supporto della pianificazione degli interventi in tempo reale.

I vantaggi della videosorveglianza 2.0, insomma, sono apprezzati in ogni ambito: dal retail alla sanità, dal manufacturing all’entertaiment fino ad abbracciare ambiti operativi diversificati come, ad esempio, gli Intelligent Transport System, che includono le ZTL (Zone a Traffico Limitato) dei centri urbani ma anche tutta la logistica.

Perno di quest’evoluzione, infatti, è una migliore gestione delle informazioni associate alle immagini con un livello di dettaglio e di analisi, che diventa strategico in un’ottica di big data management.

La videosorveglianza in numeri

Certo è che, rispetto ai primi sistemi a circuito chiuso nati durante il periodo bellico della seconda guerra mondiale e penalizzati dalla scarsità di memoria delle soluzioni a nastro, oggi molte cose sono cambiate. L’avvento della tecnologia IP e delle tecnologie wireless, unitamente allo sviluppo delle soluzioni ottiche di ultima generazione, hanno inaugurato nuovi ambiti applicativi per la videosorveglianza su base IoT. Secondo gli analisti, anche se siamo ancora all’inizio di uno sviluppo più massivo, il mercato è in rapido sviluppo. Per l’IP, in dettaglio, l’analista Research and Markets prevede una crescita a un tasso medio annuo composto (CAGR) del 24,89% fino al 2018. In Italia ci sono circa un milione e mezzo di telecamere: le stime per il 2015 parlano di una crescita del 10%, mentre  valore per il 2016 sarebbe pari a 19,4 miliardi di dollari a livello world wide, comprendendo telecamere, software di gestione video, DVR (Digital Video Recorder), NVR (Network Video Recorder) e storage (Fonte: ANIE Sicurezza – Federazione Nazionale Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche – 2015).

I nuovi provider della sorveglianza sfidano gli installatori

Secondo i dati raccolti dall’Associazione, le potenzialità di crescita sono legate sia alla progressiva affermazione dei sistemi di videosorveglianza IP nel segmento delle piccole e medie imprese (SMB), che sta già dando buoni risultati, sia all’integrazione fra videosorveglianza e controllo accessi, che potrebbe rappresentare uno dei principali vettori di crescita della videosorveglianza negli anni a venire. La videosorveglianza è alla base della nuove soluzioni per Facility Management & Real Estate e per l’organizzazione stessa dei servizi di field management. Anche le soluzioni hosted hanno guadagnato terreno nel residenziale e nell’SMB che si muove verso la fabbrica digitale e in futuro verso l’Industria 4.0. Il problema, segnalato dagli esperti, è che gli installatori non sono ancora sufficientemente preparati su tutto l’orizzonte applicativo di un intelligent content management associato all’uso della videosorveglianza di nuova generazione dove, oltre al tema della security, sul tavolo delle aziende c’è anche il tema del monitoraggio e del controllo di ambienti ma anche di comportamenti per definire migliori servizi di supporto agli utenti in particolare e ai cittadini in generale.

A questo proposito, gli osservatori raccontano come gli installatori stiano rischiando di perdere competitività se non si aggiornano. Secondo l’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, in Italia, l’attenzione dei consumatori a questo tema cresce: quasi il 50% dei proprietari di casa dichiara di essere intenzionato ad acquistare prodotti per la Smart Home a partire dalla videosorveglianza e da una nuova sensoristica integrata. Il 65% degli utenti, infatti, preferirebbe gestire in modo integrato gli oggetti intelligenti per la Smart Home. Dal momento che l’87% delle soluzioni censite risultano verticali e non integrabili tra di loro e tantomeno con prodotti di altri fornitori: agli installatori è richiesta la capacità di far interoperare le varie soluzioni. Se gli installatori non impareranno a diventare system integrator resteranno indietro e verranno superati da provider più competenti e versatili su una pluralità di tecnologie di nuova generazione a supporto dello Smart Building e della Smart Home.

Smart identification nelle smart city

Le telecamere, infatti, sono a tutti gli effetti dei sensori e oggi costituiscono un tassello fondamentale della Internet of Things. Oggetti connessi e comunicanti, questo tipo di dispositivi oggi costituisce un nodo di una rete, che consente di incrementare la qualità dei servizi associati alle attività di monitoraggio e di controllo, introducendo una nuova capacità di identificazione ma anche di tracciabilità e rintracciabilità delle informazioni atte a favorire uno sviluppo più virtuoso delle smart city. Con l’avvento delle tecnologie 4K, poi, la qualità delle immagini quadruplica la risoluzione del Full HD, che passa così da 2 milioni a 8 milioni di pixel, il cheg garantisce una qualità delle immagini migliore, l’utilizzo di un minor numero di telecamere (riducendo i costi di esercizio e le operazioni di gestione) ma anche la possibilità di estrapolazione di particolari che possono rivelarsi fondamentali nell’ottica di un potenziamento degli ambiti applicativi come, ad esempio, a supporto del video merchandising in uno store, la sentiment analysis in occasione di un concerto o di un qualsiasi altro evento, il monitoraggio di una nursery in ambito clinico-sanitario o qualsiasi altro ambito in cui un’organizzazione può ottimizzare i servizi in un’ottica di CRM avanzato: non solo Customer Relationship Management, dunque, ma anche (e forse soprattutto) Citizen Relationship Management.

I ricercatori, infatti, sottolineano come la crescita non mancherà neppure nell’intelligent video, che avrà nei trasporti pubblici, nelle ferrovie e nella sanità i suoi segmenti verticali di riferimento, contribuirà a migliorare in modo significativo l’efficienza delle imprese. È per questo che gli esperti parlano di sicurezza intelligente o di videosorveglianza 2.0.

L’internettizzazione dei sistemi di videosorveglianza, insomma, non solo permette una remotizzazione più funzionale della registrazione delle immagini, capaci di garantire uno storico consistente delle riprese, portando ai processi di identificazione e di monitoraggio. Il valore aggiunto è una nuova tracciabilità e rintracciabilità rispetto alla sequenza dei frame e dunque delle rilevazioni, che possono essere interpretati con un orizzonte di comprensione contestuale più ampio.

Questo vale in diversi ambiti applicativi: dal controllo ambientale di parchi e giardini al monitoraggio di impianti industriali, dal riconoscimento della presenza di persone in perimetri a rischio alla sorveglianza di aree pubbliche come ospedali, stazioni oppure aeroporti, dalla videosorveglianza privata che serve a identificare effrazioni, oggetti abbandonati o la mancanza di oggetti, fino al controllo dei flussi del traffico e delle persone nella distribuzione. Con il Jobs Act, infatti, i margini di utilizzo delle telecamere e dei dati rilevati ha inaugurato nuovi ambiti di servizio. E con gli stabilimenti connessi, con l’Industrial IoT e con l’M2M dell’Industry 4.0 la videosorveglianza diventa una fonte di dati per la produzione.

Protezione e Privacy: cosa è cambiato con il Jobs Act

Gabriele Faggioli, Giurista, Partners4Innovation e Presidente Clusit

La disciplina del trattamento dei dati personali effettuato mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza, contenuta principalmente nel Provvedimento a carattere generale del Garante per la protezione dei dati personali dell’8 aprile 2010, a seguito dell’introduzione del Jobs Act ha subito delle significative modifiche all’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori. Il cambiamento più importante è che è stato abrogato il divieto di utilizzare strumenti di controllo a distanza dei lavoratori nel caso questi siano impiegati a supporto delle esigenze organizzative, produttive nonché per finalità di tutela del patrimonio aziendale.

“Permane l’obbligo in capo alle imprese di subordinare l’installazione di tali strumenti alla stipula di un accordo collettivo con la rappresentanza sindacale unitaria o con le rappresentanze sindacali aziendali – spiega Gabriele Faggioli, consulente legale e partner P4I -. Il Jobs Act, infine, dà la possibilità al datore di lavoro di utilizzare le informazioni raccolte tramite la videosorveglianza per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia stata data adeguata informativa al lavoratore delle modalità di uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli, nel rispetto della vigente normativa privacy. Nel caso di imprese con unità produttive dislocate sul territorio nazionale, inoltre, vi è la possibilità di siglare un accordo per l’installazione degli impianti direttamente con le organizzazioni sindacali nazionali. In caso di mancato accordo, l’installazione è ammessa previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Nella nuova formulazione dell’articolo non è più prevista la possibilità di impugnare le decisioni dell’ispettorato del lavoro in merito all’installazione e all’utilizzo degli impianti”.

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