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Banda larga, qualcosa si muove

Romani propone alle Telco impegnate nei progetti di cablaggio in fibra ottica un tavolo di lavoro comune, mentre il Presidente dell’Agcom Calabrò evidenzia, nella sua relazione annuale, il ritardo dell’Italia rispetto all’Europa

Pubblicato il 01 Lug 2010

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Il tema della rete italiana a banda larga,
infrastruttura universamente riconosciuta come necessaria per lo
svilppo economico di un Paese, e della sua inadeguatezza
di fronte a un futuro che punta dritto verso il
digitale
, è tornato di recente alla ribalta della
cronaca. Ne ha parlato a giugno il Presidente
dell’Agcom Calabrò
, nella sua relazione annuale,
ricordando che l’Italia è sotto la media UE per
diffusione
della banda larga, per il numero di famiglie
connesse a Internet oltre che per la diffusione degli acquisti
on-line. Il Presidente ha citato “L’Agenda
digitale europea”
, un manifesto varato
dall’Unione lo scorso maggio, che prevede che
almeno il 50% delle famiglie europee utilizzi un collegamento
superiore ai 100 Mbps entro il 2020
. E ha suonato un
campanello di allarme: “la rete attuale presenta ormai
molteplici situazioni di saturazione sia per la rete fissa che
per quella mobile”, ha affermato Calabrò. Rete satura
significa disservizi per gli utenti: in poche parole
connessioni instabili e lente, molto più lente
– quelle Mobile in particolare – di quanto pubblicizzato dagli
operatori, che sulle Internet card e sugli smartphone hanno
concentrato di recente i loro sforzi di Marketing. Sul fronte
della rete fissa, proprio per far fronte a un’esigenza
sempre più sentita nel Paese, questa primavera sono
stati annunciati due progetti che mirano a posare fibra
ottica
per raggiungere i numerosi palazzi che ancora ne
sono privi: uno è a livello nazionale, per iniziativa di
Fastweb, Vodafone, Wind e Tiscali mentre l’altro riguarda
la Regione Lombardia. E anche Telecom si sta naturalmente
muovendo, portando avanti – da sola – il suo piano di
ammodarmento della rete fissa. Cosa spinga queste iniziative è
chiaro. Il traffico Internet cresce a ritmi vorticosi e
il doppino telefonico in rame
, unica via che
capillarmente raggiunge tutte le abitazioni, supportando le
connessioni ADSL, mostra la sua inadeguatezza di
fronte al desiderio degli utenti di guardare i video in rete,
utilizzare i social network e di scaricare file sempre più
pesanti. Soprattutto, le aziende per restare competitive
nello scenario internazionale hanno bisogno di connessioni a
larga banda,
che in molte zone del Bel Paese non
arrivano. Per colmare questo Digital Divide serve dunque una rete
di nuova generazione in fibra ottica, che nell’economia
digitale del nostro tempo può essere messa sullo stesso piano
dell’Autostrada del sole costruita in Italia negli Anni 60.
Nello scenario della connettività, inoltre, si fa sempre più
ingombrante il ruolo del Mobile, protagonista di
un’accelerazione rapidissima, con l’avvento
della navigazione Web da smartphone e chiavette
(si veda
il box della pagina precedente). Ecco che l’esigenza di
ammodernare l’infrastruttura riguarda anche la rete mobile,
con gli operatori chiamati a programmare ingenti investimenti per
evitare che la crescita del numero di connessioni, grazie a
prezzi sempre più accessibili, porti le velocità dei singoli
utenti al lumicino, cosa che in Italia in alcuni contesti sta
già accadendo, come accennato. Lo sviluppo del Paese passa anche
da qui e il ruolo del governo potrebbe essere decisivo, ma
gli interventi finora sono stati minimi. Nessun impegno
economico diretto negli investimenti per la Next Generation
Network in fibra
(erano stati stanziati 800mila euro lo
scorso anno ma sono stati all’ultimo momento
“congelati” e mai sbloccati) e nessuna decisione a
breve sul tema del dividendo digitale, ovvero le bande di
frequenze dello spettro necessarie agli operatori mobili per
realizzare il passaggio alla tecnologia LTE, il vero Mobile
Broadband, oggi occupate dalla televisione.


Frequenze e banda larga, la posizione del
governo


Su questi nodi è intervenuto il Vice Ministro Romani a
giugno in occasione convegno organizzato dal Politecnico di
Milano sul tema Mobile Content & Internet.
Parlando
del progetto di cablatura annunciato da Vodafone, Fastweb, Wind e
Tiscali, Romani ha fatto sapere che il governo intende
invitarli a mettersi intorno a un tavolo, insieme a
Telecom
, per discure la realizzazione di una società
delle infrastrutture di rete, con l'obiettivo di mettere
d'accordo gli operatori di telefonia italiani sul progetto
della banda larga. Inoltre, Romani ha ricordato che di recente è
stato approvato il Piano nazionale di assegnazione delle
frequenze televisive (PNAF) per il digitale terrestre
,
che pone particolare attenzione alla futura utilizzazione delle
frequenze che, secondo gli indirizzi comunitari, sono destinate a
servizi di telecomunicazioni (dividendo digitale esterno) per
servizi innovativi quali la banda larga mobile di quarta
generazione. «Un parto complicato – ha affermato il
Vice Ministro – perché in Italia abbiamo 21 emittenti
nazionali consolidate e 550 emittenti locali che hanno alle
spalle una storia di circa 30 anni: è difficile per qualsiasi
governo immaginare di chiudere un’emittente ». È
stato dunque varato un piano che, in sintesi, obbliga le
emittenti locali a consorziarsi per utilizzare in modo ottimale
lo spettro
. Una volta che le frequenze saranno libere,
il governo potrà metterle all’asta per consentire agli
operatori di utilizzare la tecnologia LTE. «Mi auguro che,
una volta finito il passaggio al digitale, nel 2012 si potrà
fare l’asta come in molti Paesi europei», ha
confermato Romani. Sul tema della banda larga, il vice ministro
ha affermato che “spesso ci dicono che siamo
indietro rispetto all’Europa, ma non è così
. Se
sommiamo ad esempio il numero di famiglie che usano la banda
larga fissa al numero di famiglie che usano la banda larga mobile
emerge una penetrazione del 45%». Romani
si è detto convinto che il problema in Italia nasce dal fatto
che sono pochi i diplomati pochissimi i laureati: metà
del Paese, dunque, soffre di analfabetismo di ritorno e non è
informatizzato
e questa metà del paese è piu al sud
che al nord. «Questi sono i dati su cui dobbiamo lavorare –
ha detto -. La cifra del 20% che viene fuori prendendo il numero
di abitanti italiani e dividendolo per il numero di linee è un
numero fasullo».

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