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Mobile experience in automobile, Apple riaccende la battaglia

Il lancio di CarPlay, tecnologia di integrazione tra iPhone e sistemi di in-vehicle infotainment, segue di poche settimane quello della Open Automotive Alliance di Google. Molti i commenti degli analisti sulla corsa alla convergenza tra tecnologie Mobile e Automotive: «Ogni auto dovrà permettere l’uso di diverse piattaforme»

Pubblicato il 12 Mar 2014

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La presentazione da parte di Apple di CarPlay, la sua nuova tecnologia di integrazione tra iPhone e sistemi di infotainment delle automobili, al recente International Motor Show di Ginevra, ha riacceso i riflettori sull’impressionante evoluzione in corso delle tecnologie IT e Mobile a bordo delle auto, di cui abbiamo già raccontato recentemente.

Punti di forza dell’annuncio di Apple sono la possibilità del sistema di essere comandato tramite l’assistente vocale Siri, evitando quindi di distrarsi dalla guida per guardare monitor o cliccare tasti, e l’imponente numero di costruttori che già hanno sviluppato sistemi basati su CarPlay (Ferrari, Mercedes-Benz e Volvo) o che ci stanno lavorando, evidentemente convinti dall’enorme numero di utenti di iPhone nel mondo: BMW, Ford, General Motors, Honda, Hyundai, Jaguar Land Rover, Kia Motors, Mitsubishi Motors, Nissan, PSA Peugeot Citroën, Subaru, Suzuki e Toyota. In pratica tutti i grandi costruttori auto tranne Fiat.

Il funzionamento di base è molto semplice: una volta collegato l’iPhone al sistema di bordo attraverso CarPlay, l’utente potrà effettuare chiamate, utilizzare Mappe, ascoltare musica, nonché ascoltare e inviare messaggi attraverso lo stesso sistema di bordo. Per inciso, l’Italia è uno dei primi 13 Paesi in cui il sistema sarà attivato, anche se per ora non sono state rese note date precise.

CarPlay funzionerà con iPhone dotati di iOS 7 e solo con connettore Lightning, quindi sono esclusi tutti i modelli precedenti all’iPhone 5, fino al 4s compreso. Per quanto riguarda la musica, oltre ovviamente a iTunes Radio, CarPlay supporterà App di terze parti come Spotify, Beats Radio, iHeartRadio e Stitcher, ma non Pandora.

L’annuncio di Apple segue di poche settimane quello di Google, che al CES di Las Vegas aveva presentato l’Open Automotive Alliance (OAA), nata per diffondere Android come “sistema di bordo” delle auto del futuro ed estesa per ora a Nvidia, Audi, General Motors, Honda e Hyundai. Audi in particolare – che fa parte di Volkswagen, il più importante gruppo auto europeo -, ha presentato al CES Mobile Audi Smart Display, un tablet Android da 10 pollici configurato per l’uso in auto, e in particolare per il controllo del sistema di “infortainment” di bordo, ma in grado anche di funzionare come un normale tablet.

Questa corsa all’automotive da parte dei principali colossi dell’ICT è stata naturalmente commentata da diversi analisti, che si sono soffermati sulle sue molte sfaccettature e implicazioni. Un post di Frank Gillett, analista di Forrester Research, evidenzia per esempio che l’approccio di Apple è poco invasivo, nel senso che fornisce le classiche funzionalità di in-vehicle computing senza proporsi di essere o di sostituire i sistemi di bordo “nativi” delle auto (IVI, In-Vehicle Infotainment Systems) come QNX di BlackBerry, la OAA o Embedded Automotive di Microsoft: «Per questo motivo probabilmente CarPlay sarà adottato nel settore auto più rapidamente dei concorrenti».

Un altro punto importante è poi il problema per i costruttori auto di come mantenere il controllo dell’evolversi del fenomeno: «Dovranno decidere come andare incontro alle esigenze degli utenti delle varie piattaforme Mobile, e il desiderio di soddisfare tutti comporta il rischio di cedere il controllo agli sviluppatori di Mobile App, e di perdere quindi la propria identità, almeno per quanto riguarda il sistema di infotainment di bordo», ha detto in un’intervista Thilo Koslowski, analista di Gartner.

«Per i costruttori non c’è molta scelta se non supportare tutti i principali standard che stanno emergendo, e questo dimostra chi ha il maggiore potere contrattuale», conferma Dominique Bonte, Vice President di ABI Research, in un post sul blog della società di ricerca. Il mercato “connected car” è troppo frammentato, sottolinea Bonte, ricordando, oltre a CarPlay e OAA, anche MirrorLink di CCC (Car Connectivity Consortium), uno standard aperto d’interoperabilità tra dispositivi mobile e sistemi IVI, la cui versione 1.1 ha suscitato molta attenzione al CES di Las Vegas, con implementazioni mostrate da Honda, Toyota, Volkswagen e PSA, ma riguardanti soprattutto device Android di Sony e HTC.

Il problema è che finora la tendenza dei vari costruttori è stata di far sviluppare software proprietario per i propri sistemi IVI, cosa che ne ha limitato la rapidità di evoluzione e l’ampliamento funzionale: questi sistemi tra l’altro funzionano solo con App proprietarie dei costruttori. Per adesso quindi ci vuole un lavoro piuttosto complesso per usare un device Android su un’auto configurata per essere usata con un device mobile Apple, perché parte del sistema è integrata nell’hardware dell’auto, spiega John Delaney, analista di IDC in un articolo su CBR, articolo dove Koslowski di Gartner amplia il concetto: «In molte famiglie si usano diversi sistemi mobile, quindi è frequente lo scenario in cui la stessa auto dev’essere usata per esempio da persone con device Android e persone con device Apple: concettualmente un costruttore non si può permettere di scegliere un solo ambiente mobile, perché rischia di perdere una fetta enorme di potenziali clienti».

Secondo molti analisti la via d’uscita – e in effetti diversi costruttori stanno lavorando in questo senso – è di definire una piattaforma open source di servizi, middleware e layer d’interfaccia applicativa che fornisce un certo numero di servizi di base e soprattutto elimina la necessità di partire ogni volta da zero, riducendo i costi degli sviluppi e degli upgrade. Le case automobilistiche quindi dovranno necessariamente scegliere un approccio “platform-neutral” che non vincoli gli utenti a usare un particolare sistema mobile. E d’altra parte gli sviluppi delle tecnologie Internet of Things, come sta già avvenendo in ambiti come quello Smart Home (vedi il progetto di ABB, Bosch, CIsco e LG), dovranno condurre a piattaforme aperte che permettano a device mobili e sistemi di bordo basati su tecnologie diverse di interoperare e di scambiarsi reciprocamente informazioni.

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