IoT, IBM inaugura l’era delle memorie a cambiamento di fase

I ricercatori di Big Blue sono riusciti a memorizzare in maniera affidabile 3 bit in una singola cella di una matrice PCM (Phase-Change Memory), che offre prestazioni migliori rispetto alle tecnologie DRAM e flash. Una svolta che apre nuovi ambiti applicativi nei supporti di scrittura e lettura dei device dedicati all’Internet delle cose.

Pubblicato il 25 Mag 2016

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Potrebbe essere la memoria a cambiamento di fase (Phase-Change Memory, PCM) la nuova frontiera dei supporti di scrittura per i device dedicati all’Internet of Things. Per la prima volta, gli scienziati di IBM Research hanno infatti dimostrato – in occasione dell’IEEE International Memory Workshop di Parigi – la possibilità di memorizzare in modo affidabile 3 bit di dati in una singola cella all’interno di una matrice PCM da 64 mila celle, a temperature elevate e dopo un milione di cicli di funzionamento.

In passato, i ricercatori di Big Blue e di altre organizzazioni avevano già sperimentato con successo la capacità di memorizzare un bit per cella nella PCM, ma questa nuovo traguardo permette di immaginare nuovi ambiti applicativi per la tecnologia in questione. Innanzitutto, come funziona: i materiali che costituiscono la PCM sono caratterizzati da due stati stabili, una fase amorfa e una fase cristallina, rispettivamente a bassa e alta conduttività elettrica. Per memorizzare in una cella un bit viene applicata al materiale una corrente elettrica di alta o media intensità. Uno “0” può essere programmato per la scrittura nella fase amorfa, mentre un “1” nella fase cristallina, o viceversa. Viene quindi applicata una bassa tensione alla lettura del bit adottando in pratica lo stesso meccanismo di funzionamento con cui i dischi Blue-Ray riscrivibili memorizzano i video.

Memoria pcm

Il vantaggio della PCM rispetto alla DRAM o alla flash nell’equilibrio delle prestazioni tra velocità in lettura e scrittura, resistenza, non volatilità e densità. La PCM inoltre , a differenza della DRAM, non perde dati quando viene spenta e può sostenere almeno 10 milioni di cicli di scrittura, mentre una comune chiavetta flash USB non supera i 3 mila cicli di scrittura.

Caratteristiche che risultano ideali per realizzare dispositivi storage facili e veloci, capaci in altre parole di tenere il passo con la crescita esponenziale di dati provenienti da dispositivi mobili e dall’Internet of Things. Anche gli algoritmi di apprendimento automatico, che utilizzano dataset di grandi dimensioni, sono destinati a ricevere un significativo impulso, con la riduzione dell’overhead e della latenza nella lettura dei dati tra iterazioni successive. Gli scienziati IBM prevedono di sviluppare PCM stand-alone, ma anche applicazioni ibride, che combinano PCM e storage flash, con la PCM che funge da cache estremamente veloce. Per esempio, il sistema operativo di un telefono cellulare potrebbe essere memorizzato nella memoria a cambiamento di fase, permettendo al telefono di essere avviato in pochi secondi. In azienda, interi database potrebbero essere memorizzati nella PCM, permettendo di effettuare interrogazioni rapidissime per applicazioni online time-critical, come ad esempio le transazioni finanziarie.

«La memoria a cambiamento di fase è la prima esemplificazione di una memoria universale con proprietà sia di DRAM che di flash, che risponde a una delle grandi sfide del nostro settore» , ha dichiarato Haris Pozidis, direttore della ricerca sulle memorie non volatili presso IBM Research a Zurigo. «Raggiungere i 3 bit per cella è una pietra miliare significativa, perché con questa densità il costo della PCM sarà decisamente minore di quello delle DRAM e certamente più prossimo a quello delle memorie flash».

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