IoT, impresa e accademia lavorano a quattro mani per sviluppare le soluzioni del futuro

All’evento “Internet of Things: Research and market perspectives”, organizzato da HCL Technologies e Politecnico di Milano, ricercatori e tecnici si sono confrontati sui temi e sulle tecnologie che sottostanno alla rivoluzione innescata dall’introduzione nel mercato degli oggetti connessi

Pubblicato il 13 Ott 2016

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L’Internet of Things, ormai è chiaro, ancor prima di una piattaforma tecnologica sarà un ambiente collaborativo a cui parteciperanno istituti di ricerca, specialisti di networking e telco, vendor tecnologici e costruttori di device. E in questo senso si stanno moltiplicando – anche in Italia, per fortuna – le iniziative che mettono in contatto le diverse realtà. Si è tenuta il 3 ottobre al Politecnico di Milano “Internet of Things: Research and market perspectives”, una conferenza organizzata dall’ateneo meneghino in collaborazione con HCL Technologies, multinazionale indiana specializzata in soluzioni digitali con focus sull’IoT dedicato al mondo industriale. Il Politecnico sta affrontando il tema dell’IoT con un approccio interdipartimentale, attraverso ANTLab (Advanced Network Technologies Laboratory) un laboratorio a porte aperte, una struttura comune alle divisioni che si occupano di Energia ed Elettronica e che coinvolge anche la School of management dell’ateneo, oltre che diverse imprese protagoniste dello scenario che sta venendosi a formare.

«Ci sono diverse definizioni di IoT, ma tutte hanno in comune alcuni elementi ricorrenti: prevedono la presenza di smart object che catturano dati, sono sistemi pervasivi, offrono agli utenti una comunicazione seamless», ha spiegato Matteo Cesana, Associate Professor del Politecnico e membro dell’ANTLab, aprendo i lavori con un intervento sulle tecnologie che abiliteranno il traffico di dati tra gli oggetti. «Molte delle reti attualmente a disposizione non sono disegnate per supportare il traffico IoT, avendo come scopo primario la massima performance sul bit-rate, che non è invece la priorità in questo ambito tecnologico». Cesano ha passato in rassegna alcune delle applicazioni, ciascuna con i propri specifici requisiti a cui stanno lavorando sviluppatori ed enti di standardizzazione per rendere l’Internet of Things una realtà sostenibile. «Dalle onde radio delle telco alle infrastrutture Cellular IoT fino ai capillary multi-hop networks, ogni tecnologia ha le proprie peculiarità. Non ci sarà un vincitore tra i tre approcci, ma assisteremo a una loro integrazione: se i grandi network delle telco saranno rilevanti per una copertura globale del servizio, gli operatori Cellular IoT offriranno nel medio termine diversi vantaggi sui costi e sulla flessibilità, mentre i multi-hop networks risponderanno alle esigenze di soluzioni e device ad alta specializzazione».

Sukamal Banerjee, Global Head of Engineering Services di HCL Technologies, ha invece presentato l’organizzazione per cui lavora, sottolineando il contributo fondamentale che le nuove tecnologie possono apportare nell’elaborazione di nuovi modelli di business e nel raggiungimento dell’efficienza operativa. «Dal nostro punto di vista il vero driver per lo sviluppo dell’IoT è il settore industriale. L’adozione di queste soluzioni, per esempio nell’ambito della manutenzione predittiva, permetterà di risparmiare risorse che potranno essere investite in nuove attività che aiuteranno l’organizzazione a esplorare nuove opportunità e a crescere. Ma penso anche agli assicuratori: grazie ai device connessi diventa possibile dare visibilità sul reale valore degli asset di un cliente e predisporre piani personalizzati», ha spiegato Banerjee. «HCL Technologies è da sempre posizionata in prima linea nell’evoluzione tecnologica, dall’offerta degli Smart Products & Smart Services sino alla più recente introduzione dell’IoT nelle Enterprise. Per raggiungere e mantenere tale posizione HCL ha messo in campo tutta la propria esperienza e competenza in termini ingegneristici, di servizi di infrastruttura e conoscenza degli aspetti peculiari di business di questo settore. Capacità che sono state riunite in una nuova divisione dedicata, denominata IoT WoRKS, per poter offrire ai nostri clienti il massimo delle potenzialità di business dell’Internet of Things».

A esprimere il punto di vista di Microsoft, che sta partecipando alla formazione dell’ecosistema che reggerà l’Internet delle Cose con la piattaforma Cloud Azure IoT Suite, c’era Andrea Benedetti, Director of Technical Evangelism della filiale italiana di Redmond. «Sono cinque le colonne di questa nuova realtà: oggetti, connettività, dati, analytics e azione. Fatta questa premessa, il valore scaturisce dalla possibilità che offre l’IoT di ottenere insight, agilità, vantaggio competitivo e nuove opportunità di business per le imprese, ridefinendo al tempo stesso il servizio offerto ai consumatori. Non bisogna dimenticare», ha aggiunto Benedetti, «che si tratta comunque di progetti estremamente complessi, soprattutto per quanto riguarda i requisiti di sicurezza. Non è semplice costruire da zero un’infrastruttura, ed è per questo che abbiamo creato Azure IoT Suite, che offre soluzioni preconfigurate e sistemi di device & connectivity management a chiunque voglia realizzare la propria piattaforma a partire da elementi preinstallati ma personalizzabili. Il prossimo passo? L’applicazione dell’intelligenza artificiale all’IoT, per cui abbiamo dato vita a una nuova divisione ad hoc».

Pietro Scarpino, Chief Technology Officer and Innovation di NTT Data, ha sottolineato la rilevanza dell’Italia, e in particolare del centro R&D di Cosenza, nella corsa alle soluzioni per l’IoT in cui si è impegnato il suo gruppo. «Cosenza è il terzo polo per capacità di innovazione dopo quello della Silicon Valley e quello di Tokyo, l’Internet delle Cose rappresenta una delle specialità del centro calabrese. Cerchiamo di trovare un punto di incontro tra la concezione americana dell’IoT, che viene visto più come un Internet of Services, e quella giapponese, decisamente più orientata alla user experience e all’interazione con il contesto. In Italia cerchiamo di capire quali sono gli elementi migliori a cavallo dei due approcci. Ma lavoriamo anche sull’Industrial IoT», ha precisato Scarpino, «sviluppando soluzioni per la realtà virtuale e aumentata, la stampa 3D e tutto ciò che provocherà, nel momento in cui sarà disponibile il 5G, l’esplosione di queste tecnologie sul fronte dell’entertainment».

A rappresentare ST Microelectronics c’era invece Carlo Parata, che ha enfatizzato il tema di un rapido go-to-market per tutte le soluzioni che devono affrontare il nuovo mercato. «I clienti non si limitano più a chiederci supporto per sviluppare un’idea. Quello che conta, subito dopo, è essere in grado di procedere a una veloce prototipazione». E con questo scenario si creano altre premesse importanti per lo sviluppo di progetti per l’Industria 4.0 anche alla luce del Piano Industry 4.0 del Governo italiano.

La convention si è chiusa con gli interventi dei ricercatori del Politecnico di Milano, che hanno condiviso con la platea di manager e studenti i progetti in cui sono coinvolti. Maurizio Magarini, Assistant Professor all’interno del dipartimento di Elettronica, ha parlato di applicazioni Internet of Things mission critical nel settore dell’avionica: sostituendo, per esempio sugli elicotteri, i cavi con modalità di connessione wireless, i sensori applicati alle parti meccaniche potrebbe raccogliere e trasmettere più dati sulle prestazioni del velivolo con maggiore efficienza e sicurezza. Monica Nicoli, Docente di Fondamenti di Telecomunicazioni, ha invece affrontato il tema del Wireless cloud network, che potrebbe diventare uno dei prossimi paradigmi per la creazione di sistemi di condivisione delle informazioni capaci di alleviare il fardello che grava sui data center. Luca Reggiani, del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingengeria, ha infine messo l’accento su quella che forse rappresenta ancora la sfida più ambiziosa di chi fa ricerca sulle applicazioni Internet of Things: il consumo energetico.

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