40 anni, con formazione ed esperienza e attivo soprattutto nel B2B: ecco il profilo dell’imprenditore nelle startup italiane

Dalla seconda edizione della ricerca “La voce delle startup” condotta da Italia Startup in collaborazione con GRS-Ricerca e Strategia arriva un identikit delle startup italiane. Dimensioni, propensione all’export, formazione professionale e focalizzazione tra i punti di maggiore interesse

Pubblicato il 03 Ott 2017

Enrico Gallorini, Co-Founder, CEO di GRS Ricerca e Strategia
Enrico Gallorini, Co-Founder, CEO di GRS Ricerca e Strategia

Sono certamente giovani, ma non alla prima esperienza, hanno un buon livello di preparazione e una forte specializzazione. ma soprattutto sono animati da una fortissima passione per la tecnologia. Anagraficamente siamo nella fascia d’età dei 40 anni e se si guarda alle imprese vediamo che si tratta di realtà di piccole dimensioni.

Con queste prime evidenze della ricerca “La voce delle startup” condotta da Italia Startup in collaborazione con GRS-Ricerca e Strategia, si traccia il profilo delle nuove imprese del nostro paese.

La carta d’identità delle startup

La ricerca ha focalizzato l’attenzione su un campione di oltre 300 startup caratterizzate da imprenditori che si sono posti prima di tutto e prevalentemente l’obiettivo di portare innovazione nel proprio settore professionale. La carta d’identità ci parla di persone che stanno prevalentemente tra i 25 e i 45 anni e la sovrapposizione tra questa ricerca e quella precedente, effettuata nel 2015, mette in evidenza un incremento del 18% degli imprenditori italiani appartenenti alla fascia di età che va dai 30 ai 39 anni. La popolazione startupper degli under 30 arriva al 16,2% mentre quella degli over 50 si posiziona al 13,4%.

E’ un mondo che tende a “ringiovanirsi” con un trend che vede scendere di anno in anno l’età degli innovatori. Un gruppo giovane che resta comunque saldamente ancorato ad un livello di formazione e di preparazione elevati. Superano infatti il 56% del campione coloro che dichiarano di aver conseguito una laurea di secondo livello, un post laurea o un master, in aggiunta al titolo di laurea triennale.
L’attenzione alla preparazione si riflette anche sui processi di formazione interna: nel 28% delle startup intervistate vengono organizzati progetti di formazione interna annuale per un periodo superiore alle 40 ore a dipendente, mentre nel 21% dei casi si parla di un impegno in formazione che varia dalle 21 alle 30 ore.

Startup preparate che puntano sui progetti e sulla formazione

Per Enrico Gallorini, Co-Founder, CEO di GRS Ricerca e Strategia e coordinatore della ricerca il profilo che emerge dalla ricerca permette di smentire una volta per tutte gli stereotipi tipici che spesso accompagnano l’immagine delle startup italiane. «Dal lavoro effettuato – osserva – emergono chiaramente i valori legati alla qualifica e all’esperienza professionale degli innovatori italiani e si evince un miglioramento rispetto all’indagine di 2 anni fa». Dal punto di vista del modello di business gli “imprenditori innovativi” sembrano avere le idee chiare: «Il modello aziendale B2B rivolto prevalentemente alle imprese piuttosto che al consumatore finale va nella direzione giusta del matching con l’industria – dichiara Gallorini -. Così come appare chiara la voglia di intraprendere e di crescere che rappresenta un segnale importante. Ma deve essere sostenuto con politiche e azioni concrete a supporto». Non va poi dimenticato che le startup sono il principale veicolo di “open innovation”, vale a dire di quel “motore” dell’innovazione attraverso il quale le imprese fanno ricorso ad idee esterne ed interne, per sviluppare e far crescere competenze tecnologiche.

Focus prevalente su B2B o B2B2C

Alla carta d’identità delle persone va affiancata la carta d’identità delle imprese, che erano (nella precedente edizione della ricerca realizzata nel 2015) e restano di piccole dimensioni. Nella maggior parte dei casi si parla di aziende con meno di 10 dipendenti e con meno di 1 milione di fatturato e (purtroppo) anche con una scarsa propensione all’export. Più positivo invece il profilo delle aziende dal punto di vista dell’approccio al mercato: i modelli prevalenti sono rappresentati dal B2B e/o dal B2B2C che raccolgono l’impegno dell’87% delle imprese innovative italiane con crescita del 7% rispetto alla precedente edizione della ricerca. Più in dettaglio la ricerca mostra una netta prevalenza di attività legate al Business-to-Business (50,7%) e al Business-to-Business-to-Consumer (36,1%), mentre solo l’11% dello startup opera in un contesto di puro B2C.

Startupper coraggiosi ma con un forte senso pratico

Chi si avventura in una nuova impresa lo fa con coraggio e con un forte senso pratico. Dalla ricerca arriva una conferma all’approccio ispirato alla concretezza delle imprese startup italiane. Metà degli intervistati evidenzia tra i punti di forza della propria startup il focus totale sul progetto e la voglia di intraprendere e di rischiare. Interrogati sulle prospettive di crescita il 40% degli intervistati prevede un incremento variabile nel numero di dipendenti da +6% a +25%, mentre il 74% delle startup prese in esame prevede una forte crescita del fatturato nell’esercizio in corso. Di queste, circa il 14% dichiara un boom nella variazione attesa a livello di fatturato del 50% ed oltre; il 25,7% prospetta una crescita da +26% a +50% e il 34,4% prevede un incremento stabile, da +6% a +25%.

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