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PNRR transizione ecologica, le tecnologie smart city per la sostenibilità

L’accelerazione impressa ai percorsi di transizione ecologica indotta dal PNRR ridisegna i paesaggi urbani delle smart city. Spazio a nuovi servizi condivisi e a nuovi modelli di consumo più etici e circolari. Ma serve più sicurezza. Le soluzioni Vodafone Business Smart City

Pubblicato il 13 Gen 2022

Immagine di metamorworks da Shutterstock

Quando si parla di smart city oggi non si può non approfondire il ruolo chiave che le città intelligenti giocano nella transizione ecologica del paese delineata dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ma partiamo dai dati. Gli ultimi studi pubblicati dalla Nasa mostrano come la temperatura media sia aumentata di 1,18 gradi nel 19° secolo e questa tendenza abbia subìto un’accelerazione in particolare negli ultimi 7 anni. Il riscaldamento globale, oltre a causare l’innalzamento del livello del mare e accentuare la desertificazione, ha prodotto un aumento considerevole dei fenomeni estremi come inondazioni, incendi e uragani. Se non trasformiamo completamente il nostro stile di vita, i modelli produttivi e di consumo, il rischio è di una vera e propria catastrofe ambientale e umana già nell’arco del prossimo decennio. La transizione ecologica, quindi, non è solo un’opzione sul tavolo dei capi di governo, ma un’assoluta necessità.

Cosa significa transizione ecologica

La transizione ecologica è il processo che permette di cambiare i modelli economici e sociali abbandonando progressivamente quelli che prevedono uno sfruttamento intensivo delle risorse ambientali per adottarne altri che preservano il più possibile il capitale naturale, valorizzandolo e mettendo la sua tutela al centro di piani di sviluppo più virtuosi, circolari e collaborativi. Modelli che riducono la dipendenza dai combustibili fossili e privilegiano le fonti energetiche rinnovabili. Modelli che promuovono la riduzione delle disuguaglianze sociali e di genere, favorendo la generazione di benessere condiviso e non più prerogativa di pochi. Il modello economico che si va ridisegnando anche sotto la spinta del PNRR presuppone cambiamenti sostanziali nei sistemi alla base della nostra società: stili di vita, abitudini di lavoro e mobilità, istruzione. La transizione ecologica, nello scenario post pandemico non è però solo un obiettivo cui tendere ma anche una metodologia di cambiamento continuativo e incrementale. Il concetto stesso di transizione fa riferimento non a una condizione statica ma a un percorso caratterizzato da flessibilità e adattamento continuo. Le sfide in campo sono diverse: tecnologiche, economiche, politiche, sociali…

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Quali sono gli obiettivi della transizione ecologica

Gli obiettivi che la maggior parte delle nazioni si è data per questo cambiamento epocale sono quelli fissati nell’ambito del cosiddetto Accordo di Parigi del 2015. Quest’ultimo prevede di contenere l’aumento della temperatura media del pianeta a 1,5° centigradi per rallentare gli effetti nefasti dei cambiamenti climatici in corso. In Europa, invece, i traguardi sono quelli del Green Deal Europeo, che punta a ridurre le emissioni nette di gas serra del 55% entro il 2030 e a raggiungere la neutralità carbonica del continente entro il 2050. La proposta del piano UE di transizione ecologica si articola lungo alcuni macro obiettivi: transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia, ripristino della biodiversità degli ecosistemi, azzeramento dell’inquinamento e neutralità climatica. A disposizione di aziende e amministrazioni pubbliche dell’Unione ci sono stanziamenti pari a mille miliardi di euro distribuiti nell’arco del prossimo decennio.

La transizione ecologica come priorità del PNRR

Il linea con obiettivi e direttive europee, lo scorso gennaio il Consiglio dei Ministri italiano ha approvato il PNRR ovvero il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza anche noto come Recovery Plan. Il PNRR dà attuazione nel nostro paese al Programma Next Generation EU per la ripresa post pandemia, gettando le basi di un’Europa più resiliente, sostenibile e moderna. Il programma impone agli stati membri di destinare il 37% dei fondi contemplati dai rispettivi piani nazionali a progetti di transizione ecologica. Quest’ultima, a sua volta, dovrà essere supportata da una transizione digitale alla quale è destinato ben il 20% degli stanziamenti previsti dal PNRR.

Il PNRR si snoda lungo tre ambiti strategici di inclusione sociale, transizione ecologica, digitalizzazione e innovazione e prevede sei aree di intervento, definite missioni: innovazione, digitalizzazione, competitività e cultura; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute; rivoluzione verde e transizione ecologica. A quest’ultima missione è dedicato uno stanziamento di ben 68,9 miliardi di euro sui 210 miliardi totali. D’altronde la transizione ecologica, come si legge nel documento, è la “base del nuovo modello economico e sociale di sviluppo” globale, in linea con quanto prevede l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU.

PNRR transizione ecologica, gli obiettivi della rivoluzione verde

Il CITE, Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica costituitosi in seno al Governo Draghi, lo scorso marzo ha definito 8 piani di intervento utili per realizzare la cosiddetta rivoluzione verde nel nostro paese. Questi obiettivi corrispondono ad altrettanti gruppi di lavoro, che hanno il compito di individuare le azioni da mettere in atto, le fonti di finanziamento delle diverse iniziative e il cronoprogramma per la loro realizzazione.

Eccoli in dettaglio:

  1. Decarbonizzazione
  2. Miglioramento della qualità dell’aria
  3. Mobilità sostenibile
  4. Ripristino della biodiversità
  5. Miglioramento delle risorse idriche
  6. Tutela del mare e delle risorse ittiche
  7. Contrasto al dissesto idrogeologico
  8. Promozione dell’economica circolare e della bioeconomia

Economia circolare

L’obiettivo indicato al punto 8 dell’elenco sopra citato è tra quelli sicuramente più impegnativi da realizzare. All’interno dell’Unione Europea vengono prodotti ogni anno 2,5 miliardi di tonnellate di rifiuti. Va da sé, dunque, come la transizione verso un modello economico circolare e zero waste rappresenti un’assoluta necessità per i paesi membri. Ma cosa è in concreto l’economia circolare? Si tratta di un modello di produzione e consumo che contempla l’obiettivo della massima sostenibilità ambientale e sociale. Nell’ambito di questo paradigma, quindi, il consumo delle risorse può essere disaccoppiato dalla produzione di rifiuti e scarti. Lavorando sul riutilizzo e il ricondizionamento dei prodotti finiti, il riciclo dei materiali e degli imballaggi, la rigenerazione e la riparazione dei componenti è possibile estendere il ciclo di vita dei prodotti e generare nuovo valore riducendo al minimo i rifiuti. Si tratta di un modello virtuoso, che presenta prospettive di crescita davvero interessanti. L’ultima relazione del Parlamento Europeo stima che la crescita economica nell’area UE legata all’economia circolare sia nell’ordine dello 0,5% del PIL e che entro il 2030 grazie alla circular economy si potranno creare 700mila nuovi posti di lavoro.

Il Recovery Plan prevede investimenti mirati a promuovere l’economia circolare attraverso lo strumento dei cosiddetti progetti faro, contemplati nell’ambito della Missione 1 (“Economia circolare e agricoltura sostenibile”) e sella Missione 2 (“Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”). Gli stanziamenti ammontano a 600 milioni di euro per i “Progetti Faro di Economia Circolare”, che puntano a potenziare la raccolta differenziata dei rifiuti elettronici, tessili, plastici, di carta e cartone.

I vantaggi dell’economia circolare per le smart city

Le smart city giocano un ruolo chiave nell’evoluzione dei modelli economici e di consumo del Vecchio Continente. I dati del Parlamento Europeo evidenziano come ben il 75% del consumo delle risorse naturali avvenga nelle città. Le grandi urbanizzazioni sono anche le principali responsabili della produzione di rifiuti (il 50% del totale), oltre che delle emissioni di CO2 e altre sostanze inquinanti (in una percentuale che varia, nei diversi paesi UE, dal 60 all’80% del totale). D’altronde, è un dato di fatto che la transizione ecologica che il PNRR promuove stia letteralmente ridisegnando le nostre città. I nuovi modelli economici inclusivi e circolari permettono di migliorare la vivibilità delle grandi urbanizzazioni riducendo l’inquinamento e favorendo la nascita di paradigmi di consumo etici che favoriscono la produzione locale, con ricadute economiche anche consistenti per i cittadini. Gli stessi paradigmi rendono la smart city una città più resiliente, che punta all’obiettivo dell’indipendenza produttiva ed energetica.

Il terzo Rapporto sull’Economia Circolare in Italia della Ellen MacArthur Foundation evidenzia i principali benefici di una miglior circolarità nella gestione delle risorse per le smart city:

  • Riqualificazione: mezzi, edifici, infrastrutture e prodotti sono riprogettati all’insegna della massima modularità, in modo da essere più adattabili e personalizzabili, facili da utilizzare e manutenere e soprattutto più durevoli. Le smart city che abbracciano i modelli di economia circolare privilegiano le materie prime di provenienza locale, meglio se riciclate, e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.
  • Produzione distribuita: i modelli circolari promuovono una produzione decentralizzata e su richiesta. Componenti e prodotti vengono realizzati on demand, riducendo l’impatto dei processi logistici e di stoccaggio.
  • Manutenzione: i prodotti, le infrastrutture, i veicoli sono gestiti nell’ottica del massimo riuso e riciclo dei materiali e riducendo al minimo il consumo energetico.

Smart city

Gli ultimi dati Eurostat evidenziano come oggi circa il 75% della popolazione europea viva nelle città. Un dato confermato anche a livello globale da uno studio delle Nazioni Unite, che stima che entro il 2050 il 68% della popolazione mondiale vivrà in città. Quelle città che, secondo lo stesso report, contribuiscono al 70% delle emissioni inquinanti del nostro pianeta e hanno quindi un impatto fortissimo sui cambiamenti climatici in atto. Ecco perché nella società moderna anche il concetto di città deve evolvere e progredire, inglobando e facendo propri non solo gli obiettivi di sviluppo economico ma anche quelli di sostenibilità ambientale ed efficienza energetica, che si riflettono direttamente sulla qualità della vita. L’innovazione digitale rappresenta uno degli asset fondamentali per la transizione ecologica delle città e la loro trasformazione in vere e proprie smart city.

L’obiettivo della smart city è migliorare la vita dei cittadini, di chi abita, visita, lavora o si trova a muoversi in città grazie all’utilizzo di tecnologie digitali di ultima generazione. Cloud, reti mobile 5G, infrastrutture di rete fissa broadband e ultra broadband, real time analytics, Artificial Intelligence e Machine Learning, Internet of Things in prima battuta, ma non solo. Le città intelligenti sono municipalità evolute, in grado di gestire risorse e servizi in modo ottimizzato, che puntano a diventare autosufficienti dal punto di vista energetico ed economicamente indipendenti.

Negli ultimi anni il concetto di città smart si è ampliato, per comprendere anche una dimensione inizialmente trascurata nella progettazione delle metropoli moderne: la sostenibilità. Una sostenibilità che è sinonimo di efficienza energetica, certo, ma anche di equità di accesso a risorse e servizi. Benefici che solo l’utilizzo di tecnologie e infrastrutture connesse tra loro integrate può garantire. Transizione energetica e digitalizzazione devono quindi procedere su binari paralleli. Solo attraverso soluzioni ad alta intensità di tecnologia, infatti, è possibile sperimentare nuovi servizi e nuovi modelli di fruizione dei servizi della smart city che siano più sostenibili e inclusivi.

È l’Unione Europea a identificare le 6 politiche che connotano una smart city:

  1. Smart people: la città intelligente è, in primo luogo, una realtà a misura di individuo. E gli individui hanno un ruolo cruciale del progettare la città 4.0 insieme agli amministratori. La città intelligente è, quindi, un’urbanizzazione frutto di un processo di co-progettazione partecipativo, inclusivo e aperto, nel quale ciascuno dei portatori di interesse può sentirsi concretamente rappresentato.
  2. Smart economy: le città intelligenti privilegiano il commercio urbano a chilometro zero e promuovono un’economia più inclusiva. L’economia delle smart city punta sulla contaminazione con il mondo dell’università e della ricerca per attrarre i miglior talenti e favorire l’innovazione.
  3. Smart governance: il capitale umano e il capitale sociale diventano centrali nella progettazione della città intelligente. Quella che si crea è una relazione circolare e collaborativa tra tutti i soggetti coinvolti nella gestione e fruizione della smart city. Un processo equilibrato e razionale, nel quale il contributo di ognuno è importante per tutta la comunità.
  4. Smart mobility: la sharing mobility, la e-mobility, la micromobilità, la multimodalità sono tutti aspetti di un nuovo modo di concepire gli spostamenti che punta a ridurre al minimo inefficienze e inquinamento.
  5. Smart living: i servizi della smart city devono essere accessibili a tutta la collettività e devono essere in grado di assicurare una qualità di vita elevata in termini di educazione, salute e sicurezza.
  6. Smart environment: lo sviluppo sostenibile, la circolarità delle risorse, l’efficienza energetica sono considerati prioritari nella progettazione delle città intelligenti. Non si tratta solo di ridurre il dispendio di energia, ma di ripensare completamente il rapporto con l’ambiente attraverso nuovi modelli di consumo più etici.

Tecnologie e servizi per smart city

Per comprendere meglio cosa contraddistingue una smart city e la differenzia rispetto a un paesaggio urbano tradizionale, l’analista EY ha elaborato un modello “a strati” che si articola su quattro livelli tra loro interconnessi:

Infrastrutture e reti

Si tratta dello scheletro, della spina dorsale su cui si basano tutti i servizi di una città intelligente. In questo livello rientrano la connettività mobile 5G e il Wi-Fi, il cloud, le reti fisse in banda larga, le smart grid, le reti di trasporto multimodali e connesse, le reti idriche e l’illuminazione pubblica.

Reti di sensori e dispositivi IoT

Questo livello comprende il network di device smart, sensori connessi, attuatori, smart car, smart bike e smartphone. Elementi che producono di continuo dati – sulla qualità dell’aria e dell’acqua, le necessità e gli spostamenti dei cittadini. L’analisi di questi record permette di operare una gestione e manutenzione ottimizzata delle infrastrutture, progettare e realizzare nuovi servizi in modo più efficace ed efficiente rispetto al passato.

Service Delivery Platform

Si tratta della centrale operativa evoluta che governa i servizi delle smart city operando nell’ottica del miglioramento continuo attraverso le real time analytics, le big data analytics, l’elaborazione degli open data attraverso tecnologie di ottimizzazione, Machine Learning e Artificial Intelligence.

Applicazioni e servizi

Questa categoria comprende tutte le App mobile e web che permettono di creare servizi ad alto valore aggiunto per i cittadini delle smart city. Le App rappresentano l’interfaccia tra l’amministrazione locale, le partecipate e le startup che erano i servizi e gli utenti finali, che si tratti di turisti, lavoratori pendolari o cittadini. In quest’ambito rientrano le soluzioni tecnologiche di smart mobility, smart parking, smart health, smart tourism, smart waste management, illuminazione pubblica adattiva, smart safety e il loro monitoraggio, con tutti gli aspetti legati all’identificazione dell’utente e alla tariffazione del servizio.

Perché investire nelle smart city

Gli investimenti convogliati nella trasformazione delle città tradizionali in urbanizzazioni intelligenti si ripagano facilmente e rapidamente. Come? Anzitutto, attraverso la riduzione dei costi operativi a carico delle amministrazioni locali per l’erogazione dei servizi pubblici. Ancora, attraverso il miglioramento della qualità dei servizi prodotti, con i vantaggi evidenti che questo comporta sulla qualità della vita dei cittadini. Un altro aspetto che, specie in Italia, non è da trascurare è l’aumento dell’attrattività a livello turistico delle smart city, grazie alla capacità di progettare un’esperienza di soggiorno più moderna e coinvolgente.

Smart mobility

La smart city è una città che ripensa, inevitabilmente, la mobilità favorendo i veicoli elettrici e ibridi, il trasporto multimodale integrato, la micromobilità di monopattini, bici e scooter elettrici, e la mobilità attiva che vede crescere di anno in anno le zone pedonali e le piste ciclabili. Smart mobility significa auto a guida autonoma, semafori e parcheggi intelligenti. Significa ripensare completamente la gestione dei flussi di persone e mezzi all’insegna della massima flessibilità. Significa privilegiare la condivisione rispetto all’uso esclusivo di un mezzo nell’ambito di modelli di Mobility as a Service e Pay as you Travel.

Se si ragiona col pensiero laterale, però, non si può non accostare l’evoluzione in atto nella mobilità urbana alle nuove abitudini (di lavoro, di shopping) che emergono in questo scenario di nuova normalità. Smart mobility significa ridurre gli spostamenti grazie alla connettività. Significa privilegiare modalità di lavoro ibride, che alternano la presenza in ufficio allo smart working. Significa prendere atto del fatto che lo shopping online è ormai una modalità d’acquisto che è entrata a far parte delle nostre abitudini, al pari degli acquisti nel punto vendita su strada.

Safe city

Le smart city sono spesso anche città più sicure. Il paesaggio urbano, infatti, si sta popolando progressivamente di “occhi elettronici”. I dati dell’ultimo Rapporto Nazionale sull’Attività della Polizia Locale pubblicato dall’ANCI indicano che in media, oggi, nelle città italiane sono presenti 122 telecamere, con punte di 3.222 nel caso di Roma. Queste telecamere possono essere completate e integrate con dispositivi IoT, sensori, software evoluti di riconoscimento e videosorveglianza gestiti da control room ad alto tasso di innovazione. Soluzioni di monitoraggio dei flussi pedonali e veicolari, sistemi di ultimissima generazione ad alte prestazioni che assicurano una gestione più efficace della sicurezza pubblica in situazioni di particolare affollamento come concerti, partite di calcio o manifestazioni di piazza, oltre a fornire un utilissimo supporto investigativo agli inquirenti in caso di reati. Questi sistemi offrono, poi, un vantaggio aggiuntivo legato alla capacità di prevedere situazioni di potenziale emergenza o panico. Un altro aspetto interessante di questi sistemi riguarda tutta la sfera del monitoraggio ambientale: l’applicazione di algoritmi predittivi ai dati relativi alla qualità dell’aria, alle vibrazioni, alla temperatura, al rumore consente di prevedere eventi avversi come incendi e terremoti.

Vodafone Business Smart City, connettività e servizi digitali per una città più sostenibile e sicura

Vodafone Business affianca da sempre aziende e amministrazioni pubbliche che puntano a migliorare la qualità della vita nelle città intelligenti. Lo fa attraverso i piani di sviluppo e potenziamento di quella connettività mobile 5G che è la spina dorsale delle smart city, supporto indispensabile alla progettazione di nuovi servizi 4.0 e all’ottimizzazione di quelli esistenti. Vodafone Business negli anni ha anche sviluppato una soluzione pensata specificamente per garantire la massima sicurezza e safety nelle metropoli moderne. Un tema particolarmente caro al governo italiano, che per il 2022 ha stanziato 36 milioni di euro (che si aggiungono ai 27 già erogati nel 2021) per promuovere l’installazione di sistemi di videosorveglianza evoluta utili a garantire un miglior controllo del territorio.

Vodafone Business Smart City è una soluzione di videoanalisi che si aggancia alle telecamere già presenti nella smart city o agli apparati di nuova installazione. Consente di realizzare servizi di videosorveglianza, smart safety e security. Tre sono i casi d’uso principali:

  • Traffico: classificazione e conteggio veicoli, lettura targhe e servizi di smart parking, rilevamento della velocità, degli incidenti e delle infrazioni.
  • Persone: conteggio e classificazione delle persone in base all’età, al genere, al gruppo familiare, gestione situazioni di potenziale panico (soggetti armati, persone in fuga, risse), gestione di potenziali assembramenti all’aperto o al chiuso, individuazione in tempo reale delle intrusioni in luoghi perimetrati.
  • Ambiente: rilevamento in tempo reale di fumo, principi di incendio, allagamenti, rifiuti abbandonati.

Vodafone Business Smart City trasforma le telecamere in veri e propri sensori intelligenti, in grado di produrre in tempo reale dati strutturati immediatamente azionabili, analizzabili ed esportabili verso altre piattaforme, per esempio i sistemi di messaggistica/alert oppure le centrali di controllo del traffico. Il cruscotto permette di visualizzare i dati in tempo reale e gestire facilmente gli allarmi. L’aspetto più interessante, però, è legato alla capacità predittiva del sistema, che permette di fare forecast sui dati analizzati attraverso l’applicazione di algoritmi di deep learning. Il sistema è perfettamente conforme ai dettami del GDPR in quanto non memorizza i flussi di dati registrati ed è disponibile sulla base di due modelli di implementazione. La modalità on premise richiede l’installazione in locale dell’hardware e permette di gestire al massimo 8 telecamere per ciascun server installato. La modalità SaaS, che assicura un rollout molto più rapido, non richiede di installare alcun hardware e permette di gestire un numero illimitato di telecamere. In entrambi i casi il sistema è integrabile con software, sensori o data feed di terze parti.

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