IoT e oggetti intelligenti connessi hanno un futuro nell’universo bancario?

L’Internet of Things si annuncia come un nuovo fattore di accelerazione nella digital transformation del mondo bancario. Internet4Things ospita il contributo e la visione di Auriga

Pubblicato il 16 Nov 2016

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L’IoT ha accelerato ed è alla base di fenomeni importanti e strategici per la nostra economia come ad esempio l’Industry 4.0 che sta cambiamento il profilo e spesso gli stessi modelli di business di tante imprese nel mondo del manufacturing. Il rapporto tra Internet of Things e banche è più complesso ma altrettanto ricco di prospettive di sviluppo. Internet4Things ospita un interessante contributo sul tema di Antonella Comes, Chief Marketing Officer di Auriga 

Più che un fenomeno puramente tecnologico, l’avvento degli oggetti connessi e dei Big Data sovverte il nostro modello di società, in virtù della costante fruibilità delle informazioni e del loro ruolo sempre più rilevante all’interno delle relazioni sociali

Si tratta di un mercato in continua espansione: secondo l’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, si contano tra i 10 e i 20 miliardi di dispositivi IoT e le stime più recenti prevedono un aumento fino a 50 miliardi nel 2020 nel mondo, per un impatto economico che varierà dai 3,9 trilioni di dollari a 11,1 trilioni di dollari entro il 2025. In Italia, secondo gli stessi dati, a fine 2015 il mercato degli IoT ha raggiunto 2 miliardi di Euro, con una crescita del 30% rispetto al 2014, a causa del numero crescente di persone che utilizzano sempre più dispositivi in mobilità. (Dai dati dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, Luglio/Agosto 2016).

La presenza degli oggetti connessi spazia già in moltissimi settori della nostra quotidianità, anche grazie alla diminuzione dei costi dei device e all’emergere di applicazioni innovative: salute, benessere, mondo dell’assicurazione, ma a che punto siamo nel settore bancario? Il guru Americano Brett King, visionario della banca e CEO di Moven, ritiene che il modo in cui le banche concepiranno e offriranno ai clienti i loro prodotti e i servizi finanziari rischia di trasformarsi completamente da qui alla fine del decennio.

L’Internet of Things, considerato come una nuova porta d’accesso ai servizi finanziari, va così ad aggiungere un ulteriore tassello alla trasformazione digitale che le banche hanno già intrapreso in questi ultimi anni.

La domanda che ci si pone nell’ambito degli oggetti connessi in relazione al mondo bancario è allora la seguente: semplice evoluzione logica della tecnologia già in uso o vera e propria rivoluzione?

Un mercato di nicchia con potenzialità straordinarie

Nel settore delle assicurazioni vi sono svariati esempi dell’implementazione degli oggetti connessi, dal pay as you drive per l’assicurazione auto al braccialetto contapassi connesso per l’assicurazione sanitaria integrativa e perfino l’impianto domotico per la propria casa… ma si contano ancora sulle dita di una mano gli esempi concreti di questa tecnologia sul versante bancario.

Concentrate sull’offerta di nuovi servizi, le banche iniziano ora a muovere i primi passi nel settore dell’IoT ma ancora nessuna applicazione concreta ha dimostrato un’effettiva potenzialità su larga scala. Infatti rimane tutt’ora da capire cosa questa tecnologia sarebbe in grado di offrire alle banche, in termini di profittabilità e nuove opportunità di business.

Ciò non toglie che il mercato degli oggetti connessi abbia un potenziale straordinario in termini d’innovazione. Se è vero che i consumatori sono poco propensi a lasciarsi tentare dagli oggetti connessi, considerati spesso come dei semplici gadget, le banche si devono focalizzare prevalentemente sulla user experience, proponendone un’applicazione e un utilizzo adeguati, anziché sulla tecnologia in sè.

Una customer experience ottimizzata, basata su una più facile autenticazione del cliente bancario è probabilmente la pista più promettente da seguire, dal momento che gli oggetti connessi potrebbero rendere più efficace il contrasto alle frodi. Già esistono prototipi tra i quali il braccialetto Nymi Band dotato di tecnologia contactless e che utilizza il battito cardiaco. Tuttavia la sicurezza garantita da questi oggetti, talvolta, stenta a proteggere del tutto gli utenti dagli hackers: pertanto si rivela necessaria un’autenticazione multifattoriale. Si tratta di una sorta di scoring che combina l’insieme dei dati relativi ai vari dispositivi connessi per garantire l’identità del cliente.

L’investimento nell’IoT rientra quindi nelle priorità delle banche che vogliono investire nei settori del pagamento, della biometria, della sicurezza con pagamento NFC, della geolocalizzazione e della tecnologia iBeacon. Indubbiamente esistono ancora numerosi ostacoli alla realizzazione dell’IoT, quali per esempio il prezzo ancora elevato degli oggetti stessi, l’assenza di standard e di norme che richiederebbero il coinvolgimento di numerose autorità, la problematica relativa alla protezione dei dati personali e soprattutto la dipendenza dagli smartphone.

Le banche hanno in effetti investito massicciamente nell’utilizzo del canale mobile per interagire con la loro clientela grazie anche alla nuova generazione di reti mobili HD (4G+/5G). Dall’indagine internazionale ING sul Mobile Banking 2016 il 39% degli italiani in possesso di dispositivi mobile (smartphone o tablet) utilizza oggi i servizi bancari mobile, un dato in crescita rispetto al 36% dello scorso anno. Tra questi il 75% afferma che l’utilizzo dei nuovi canali è in grado di migliorare la gestione delle proprie finanze (Indagine Internazionale ING sul Mobile Banking 2016 condotta da ING Bank su un campione di circa 15.000 risparmiatori in 15 paesi in cui ING Bank è presente – Vai alla ricerca).    Il crescente utilizzo del canale mobile può essere una leva importante su cui inserire gli oggetti intelligenti connessi e l’implementazione della strategia IoT, dal momento che lo smartphone funge da integratore e la maggior parte degli oggetti connessi saranno controllati inizialmente dallo smartphone prima di poter diventare progressivamente autonomi.

E se l’oggetto connesso si trovasse già da parecchio tempo nei nostri portafogli?

In sostanza, l’oggetto che raccoglie, più di qualsiasi altro, la maggior parte dei dati del cliente e che permette di fare un’offerta mirata, esiste già e lo possiede la gran parte degli utenti: si tratta della carta di credito che sarebbe già il vero oggetto connesso della banca.

Infatti, grazie alla carta di credito, capace di sincronizzarsi con gli acquisti, le banche possono tratte informazioni preziose sui clienti, quali il tipo e l’importo degli acquisti, la localizzazione, le abitudini di acquisto, etc. Allo stesso tempo, però, si tratta di un mezzo di pagamento in continua evoluzione e che costringe le banche a rivalutare i propri modelli di business, anche a fronte delle nuove tecnologie che hanno fatto la loro comparsa, sebbene senza grande successo. Tra queste il Google Wallet, pagamento mobile o tramite l’Apple Watch che però ha registrato un calo iniziale di vendita nel secondo trimestre 2016 secondo IDC (Etude « Worldwide Quarterly Wearable Device Tracker » réalisée par International Data Corporation (IDC) – Vai alla ricerca).

Se da un canto le banche hanno imparato fin dall’inizio della rivoluzione digitale a innovare con maggiore versatilità per fidelizzare i clienti e attrarne di nuovi, d’altro canto, stanno ancora muovendo i primi passi nell’utilizzo degli oggetti connessi e nello sviluppo di un’offerta degna delle aspettative del pubblico attuale. Non vi è dubbio, tuttavia, che questa evoluzione supererà di gran lunga gli oggetti connessi per integrare in un futuro prossimo i Big Data e l’intelligenza artificiale nei servizi proposti ai clienti del futuro.

Antonella Comes, Chief Marketing Officer di Auriga

Di Auriga segnaliamo la ricerca pubblicata dal sito Pagamenti Digitali
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Immagine fornita da Shutterstock

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