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Expo Milano 2015, Internet of Things al centro della scena

Al sito espositivo tramite sensori connessi in rete vengono monitorati i consumi energetici e la continuità dei servizi, e si telegestiscono impianti e sistemi di sicurezza e controllo. L’evento è un importante traino per le applicazioni di Smart Agriculture e Smart Logistics nell’alimentare, spiega un’analisi dell’Osservatorio IoT del Politecnico di Milano: le prime stime dei benefici

Pubblicato il 18 Mag 2015

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Al sito espositivo di Expo 2015, l’Esposizione Universale iniziata da pochi giorni a Milano, l’Internet of Things (IoT) ha un ruolo da protagonista. Prima di tutto è attraverso sensori connessi in rete che vengono monitorati i consumi energetici e la continuità di servizio, e che si telegestiscono i dispositivi (come luci e condizionatori) e i sistemi di sicurezza e controllo.

Ma l’IoT servirà anche per monitorare il quadro clinico di alcuni visitatori (attraverso dispositivi Wearable), ed è al cuore delle applicazioni di Smart Logistics e Smart Agriculture in mostra nel Future Food District, l’area tematica dedicata all’integrazione tra produzione alimentare e tecnologie.

Un’interessante analisi contenuta nel più recente report dell’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano mette in relazione l’evento milanese – dedicato come noto proprio al tema della nutrizione – con l’andamento delle sperimentazioni “smart” nella filiera alimentare, che ne hanno ricevuto un forte impulso in Italia. Ma anche se non mancano i primi progetti esecutivi, sottolineano i ricercatori del Politecnico, è ancora difficile uscire dalla fase sperimentale.

Parole d’ordine: tracciabilità, sostenibilità, comunicazione al consumatoree

Tracciabilità, sostenibilità, comunicazione al consumatore sono alcune delle parole chiave dell’innovazione della filiera alimentare. Per ognuna l’IoT è un importante fattore abilitante, con applicazioni Smart Logistics e Smart Agriculture.

Le prime sono pensate per garantire la tracciabilità dei prodotti o il monitoraggio di parametri (temperatura in primis) lungo la supply chain. Le seconde per l’agricoltura di precisione e per l’ottimizzazione dell’uso di risorse quali acqua, fertilizzanti, fitosanitari. I settori con più diffusione di progetti Smart Logistics sono il vitivinicolo (per garantire l’originalità del prodotto), il lattiero-caseario (per tracciare operazioni e mezzi di raccolta del latte) e quello della carne, dove tramite tecnologie RFid animali e carni sono tracciati fino al confezionamento.

Stentano invece a decollare i progetti in settori con prodotti di valore unitario inferiore, come l’ortofrutta o il cerealicolo, nonostante qualche sperimentazione isolata. Fattori distintivi dei progetti più recenti sono la comunicazione diretta col consumatore – grazie a tecnologie di identificazione come QR code o tag NFC (Near Field Communication) – e la centralità della sicurezza alimentare, migliorabile grazie alla piena tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti. Al riguardo Expo 2015 ha patrocinato il progetto Safety for Food, mirato a creare una banca dati mondiale per il settore alimentare e a sviluppare un sistema di tracciabilità RFid.

Risultati incoraggianti nel risparmio di acqua e trattamenti fitosanitari

Il vitivinicolo rimane anche il principale settore in cui si sperimentano soluzioni di Smart Agriculture, a cui si affiancano applicazioni in ambito ortofrutticolo e di agricoltura controllata in serra. In questi progetti si utilizza sensoristica distribuita per monitorare lo stress idrico delle piante e per migliorare l’accuratezza dei modelli per prevedere le infezioni primarie sulle colture, e ottimizzarne la prevenzione e la cura.

La maggior parte dei progetti sono partiti solo grazie a finanziamenti pubblici, ma i risultati, scrivono i ricercatori dell’Osservatorio, sono incoraggianti: si può ridurre del 30-40% l’uso di risorse idriche e del 40% il numero di trattamenti fitosanitari. Oltre a ciò la raccolta di informazioni dal campo facilita l’informatizzazione del “quaderno di campagna” (il Registro dei trattamenti sulle culture, ad esempio irrorazione o irrigazione). Per esempio nel progetto Jentu vengono utilizzati smartphone NFC per identificare operatori e lotti di terreno e tracciare le operazioni svolte.

Una soluzione IoT nel vitivinicolo si ripaga al massimo in 3 anni e mezzo

Per liberare il potenziale della Smart Agriculture servono due ingredienti: da un lato un’attenta analisi ex-ante di costi e benefici, che indirizzi l’investimento del produttore agricolo e renda evidente il potenziale valore generato; dall’altro il coinvolgimento di figure specialistiche, i nuovi “agronomi digitali”, che sappiano estrarre valore dai dati raccolti sul campo sviluppando a livello software nuovi modelli previsionali (o migliorando gli attuali).

L’Osservatorio IoT ha approfondito insieme a ICE (l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) uno studio di costi e benefici di una soluzione IoT per la gestione dell’irrigazione, dei trattamenti fitosanitari e dei fertilizzanti nel settore vitivinicolo biologico. Ottimizzando la gestione di tali attività si può ridurre l’impatto ambientale dell’attività agricola e ottenere un tempo di payback dell’investimento – in condizioni climatiche medie – che va da circa un anno per un’azienda grande (50 ettari), a circa 3,5 anni per una piccola azienda (5 ettari).

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