Intervista

CIM 4.0 e il futuro dell’additive manufacturing tra formazione e linee pilota

A colloquio con Luca Iuliano, presidente del CIM 4.0, il Competence Center di Torino, che scelto l’addititive manufacturing come ambito di specializzazione. Una panoramica a tutto tondo sulle tecnologie, le applicazioni, i bisogni delle imprese e su quali risposte il CIM sia in grado di offrire

Pubblicato il 23 Mar 2021

Luca Iuliano, presidente CIM 4.0

Nato sul volano positivo innestato ormai 5 anni fa dal Piano Nazionale Industria 4.0, promosso dall’allora ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, CIM 4.0 è uno degli otto competence center nati sul territorio nazionale. L’obiettivo per il quale CIM 4.0 è stato costituito è scritto chiaramente sul sito: “Il cen­tro di com­pe­ten­za Com­pe­ten­ce Indu­stry Manu­fac­tu­ring 4.0 (CIM4.0) inten­de esse­re un sup­por­to stra­te­gi­co e ope­ra­ti­vo per le impre­se mani­fat­tu­rie­re orien­ta­te alla digi­ta­liz­za­zio­ne dei pro­ces­si indu­stria­li nel­l’ot­ti­ca del­l’In­du­stria 4.0 (dal­la pro­get­ta­zio­ne alla pro­du­zio­ne, dal­l’R&D alla Sup­ply chain, dal­la sicu­rez­za alla Bloc­k­chain)”.
Ma molto di più su questo Competence Center ci spiega Luca Iuliano, Pro­fes­so­re Ordi­na­rio di Tec­no­lo­gia e Siste­mi di Pro­du­zio­ne al Poli­tec­ni­co di Tori­no, che del CIM 4.0 è Presidente.
“Essendo baricentrico su Torino, CIM 4.0 è nato anche con l’obiettivo di valorizzare le competenze che abbiamo sul territorio piemontese. In fase di progettazione abbiamo deciso di valorizzare due pillar specifici dell’Industria 4.0: da un lato l’additive manufacturing, area per la quale sono convinto che abbiamo tra le più alte competenze non solo a livello nazionale, ma anche a livello europeo, dall’altro, anche in considerazione di tutti gli attori che gravitano sul nostro territorio, la digitalizzazione delle imprese”.

CIM 4.0 - Manufacturing

I partner e gli obiettivi di CIM 4.0

A CIM 4.0 hanno aderito 23 partner, che includono realtà di tutte le dimensioni, dalle TIM alle Stellantis, alle imprese più piccole, oltre a due università, come il Politecnico di Torino e l’Università degli Studi. Il centro opera anche con risorse proprie, vale a dire una quindicina di persone, cui si aggiunge il supporto di oltre 120 persone che arrivano dal partenariato industriale. Un pool di specialisti che opera su tre direttrici principali: le linee pilota, attraverso le quali testa­re pro­ces­si e pro­dot­ti pri­ma di por­ta­re le inno­va­zio­ni sul mer­ca­to utilizzando tec­no­lo­gie e mac­chi­na­ri all’a­van­guar­dia nei cam­pi del­l’Ad­di­ti­ve Manu­fac­tu­ring e del­la Fab­bri­ca Digi­ta­le messi a disposizione dallo stesso CIM 4.0, la gestione dei bandi e dell’accesso ai finanziamenti resi disponibili dal MISE, la formazione.

I bandi sui fondi del MISE

Su questo specifico ambito di attività, si tratta di fatto di attività a supporto dei progetti di ricerca attraverso la pubblicazione di bandi ai quali possono partecipare aziende attive su tutto il territorio nazionale., finanziati con i fondi che il MISE aveva stanziato per ogni competence center.
“Ne sono arrivati circa un centinaio da tutta Italia, molto interessanti dal punto di vista tecnologico, ma come CIM 4.0, per motivi di budget, siamo riusciti a finanziarne meno di una ventina. L’auspicio che abbiamo trasmesso anche al MISE è quello di riuscire ad agevolare il più possibile queste progettualità, per far sì che questi progetti diventino veramente realtà, perché, alla fine, il futuro è questo. Al CIM abbiamo creato una struttura per sviluppare i bandi e per valutarli: ha funzionato molto bene e è riuscita a mettere  in evidenza la valenza dei progetti presentati. È un peccato far inaridire questo filone”.

Focus specifico del CIM 4.0: l’additive manufacturing

Come accennato, competenza specifica di CIM 4.0 è l’additive manufacturing, ed è sempre Luca Iuliano che ci spiega qual è l’approccio a questa tecnologia nell’ambito del Competence Center.
“L’additive deve essere considerato in linea di continuità rispetto al rapid prototyping, di cui al Politecnico di Torino ci occupiamo fin dal 1991. Una tecnologia che era nata sostanzialmente per la prototipazione rapida in ambito automobilistico: col tempo si è visto che poteva essere una tecnologia idonea anche per le produzioni”.
Sugli ambiti di applicazione nessun dubbio: se si parla di prototipazione si possono toccare tutti i mercati e tutti i settori, sia per quanto riguarda i polimeri, sia per i metalli.
“Se parliamo invece di produzione definitiva, con l’utilizzo dell’additive manufacturing in sostituzione di tecnologie convenzionali quali ad esempio lo stampaggio a iniezione per le plastiche, la fonderia, la deformazione plastica, al momento i mercati di riferimento sono quelli in cui si parla di produzioni numericamente limitate”.
Iuliano cita il settore aerospaziale, al momento il più importante, l’Automotive, nello specifico per il racing – “Tutti i team di Formula 1 sono attrezzati con queste tecnologie, dal momento che i volumi di produzione sono limitati” – e per le macchine sportive di alta gamma.
Un ulteriore settore applicativo è rappresentato dal biomedicale, in particolare per tutto quanto riguarda la protesica, dal momento che le protesi vengono realizzate in esemplare unico, incluse quelle acustiche interne, per le quali si procede con la fabbricazione additiva, dopo aver effettuato una scansione dell’orecchio del paziente.

L’additive manufacturing in produzione: quali applicazioni

“Il CIM 4.0 si occupa prevalentemente di aerospazio, settore consolidato, ma non completamente esplorato, automotive, con l’obiettivo di lavorare non più solo sul segmento Premium, ma anche su segmenti dove si ragiona su volumi maggiori e dove le tecnologie additive trovano applicazioni in sostituzione di alcune tecnologie convenzionali”:
Il riferimento di Luca Iuliano non è solo alla prototipazione, ma anche al mercato della ricambistica.
“Mi riferisco a quei settori nei quali i ricambi sono costosi e le imprese sono obbligate a teneri a magazzino, pur avendo un tasso di rotazione molto basso. In queste condizioni, il ricambio significa un immobilizzo di capitale che pesa sui bilanci dell’impresa. Se si riesce a trasformare il magazzino da fisico a digitale, realizzando il ricambio solo quando è necessario, si riduce l’impatto economico della gestione dei magazzini ricambi”.
Un esempio concreto? Il settore delle macchine per movimento terra, nel quale esiste l’obbligo di garantire i ricambi per oltre vent’anni, o lo stesso settore aerospaziale, “nel quale abbiamo ricambi che risalgono anche a settant’anni fa, che devono essere mantenuti”.
Malgrado in questi anni molti siano i progressi registrati nell’ambito dell’additive manufacturing, Luca Iuliano ne sottolinea alcuni limiti evidenti. “In primo luogo, le macchine nate per la prototipazione mal si prestano ad attività di produzione estesa, perché non hanno a bordo quei sistemi di automazione necessari alla produzione di massa. Sulle macchine nuove, si comincia a lavorare per superare questo primo limite”.

I materiali: la sfida è sul metallo

La seconda barriera è rappresentata dai materiali. “Non mi riferisco tanto ai polimeri, quanto ai metalli e al numero sostanzialmente limitato di materiali disponibili. I produttori si concentrano laddove i materiali generano un maggior contributo in termini economici. Ci sono leghe standard di alluminio, ma ne mancano centinaia di altre che possono servire a molti comparti. Ed è qui che entra in gioco il Competence Center, in collaborazione con il centro interdipartimentale del Politecnico”.
La sfida del futuro, spiega Iuliano, “si gioca nell’aumento della produttività dei sistemi di manifattura additiva, con l’obiettivo di velocizzali e automatizzarli e nella disponibilità di materiali analoghi a quella che si ritrova nella produzione convenzionale”.

Il ruolo delle linee pilota del CIM 4.0

Ma c’è un altro ambito nel quale il competence center gioca un ruolo chiave. Ed è un ruolo di indirizzo nelle fasi di adozione della tecnologia additive.
“Soprattutto nel caso delle piccole e medie imprese che si avvicinano a questa tecnologia i rischi non sono pochi. Si rischia di acquistare una macchina senza avere personale sufficientemente addestrato. Si rischia di non scegliere la macchina giusta, che meglio si presta alla propria applicazione. Le grandi imprese hanno strutture dedicate alla selezione in fase di acquisto, ma nelle piccole medie imprese, dove non c’è una cultura così capillare, si rischia che l’imprenditore butti non solo il cuore ma anche portafoglio oltre l’ostacolo”.
Il CIM 4.0 con le sue linee pilota, supporta le piccole e medie imprese ad analizzare i loro bisogni, a comprendere quale tecnologia e quali materiali sono più idonei, a formare il personale che li utilizzerà. “Il competence center è in grado di guidare le piccole medie imprese nello scegliere l’investimento giusto: la linea pilota è a disposizione per testare i prodotti e le idee prima di effettuare un investimento”.

CIM 4.0

La formazione, per l’upskill e il reskill

Il tema della formazione è centrale nelle strategie del CIM 4.0, tant’è che il Competence Center ha svilupato un vero e proprio learning hub, un catalogo che comprende una ottantina di corsi, spe­ci­fi­ci sul­le tec­no­lo­gie per la digi­ta­liz­za­zio­ne del­l’Im­pre­sa e la mani­fat­tu­ra addi­ti­va par­ten­do dai fab­bi­so­gni for­ma­ti­vi espres­si dal­le Azien­de.
CIM 4.0 ha scelto di focalizzarsi non tanto sulle persone che entrano in azienda, per le quali esistono i percorsi offerti ad esempio dal Politecnico di Torino nell’ambito dell’ingegneria meccanica o della fabbricazione additiva.

Il ruolo della Academy

“La sfida sono le attività di upskill e reskill per personale interno alle imprese, che non sa come si può progettare per la fabbricazione additiva. Qui entra in gioco la nostra Academy che offre percorsi formativi sia per il personale aziendale, sia per chi a causa della congiuntura ha perso il lavoro e vuole formarsi non solo sull’additive, ma anche sulla digitalizzazione. In questi mesi abbiamo organizzato una ventina di webinar molto frequentati, mentre da poco è partita una Academy che dura 350 ore, e che annovera tra i docenti manager che testano la digitalizzazione quotidianamente nelle loro imprese. La Academy ha visto la partecipazione di 24 persone paganti: le aziende ci credono e mandano il loro personale a formarsi non solo sull’additive ma su tutte le tecnologie disponibili nel CIM 4.0”.

Il futuro? Autmotive, aerospace, biomedicale

Sull’idea di manifattura diffusa, tornata in auge con la crisi delle supply chain a causa della pandemia, Iuliano ritiene che in certi contesti, a partire dalla ricambistica cui aveva già fatto riferimento, ha perfettamente senso. “Dipende da cosa bisogna produrre. Per pezzi piccoli, inviare un file a chi lo può realizzare è una scelta sicuramente sensata. Il settore aerospaziale ha bisogno di stabilimenti dedicati. Ci sono però settori che da tempo lavorano con l’additive perché conviene di più, in termini di tempi e costi. Penso al settore orafo: realizzare un disegno CAD e riprodurlo in manifattura additiva richiede meno tempo e sforzi rispetto alla metodologia tradizionale basata sui modelli in cera”.
Nella prospettiva del prossimo triennio, Iuliano considera sempre l’automotive come uno dei settori che più utilizzeranno l’additive manufacturing, “soprattutto grazie agli sviluppi in atto sui materiali”, insieme all’aerospaziale, “soprattutto nell’ambito dei motori, dove vi sono  migliaia di componenti che possono essere alleggeriti, con grossi vantaggi in termini di riduzione del peso” e al biomedicale.
“Paradossalmente, questo è un settore nel quale in Italia sono presenti le più grosse società di servizio che costruiscono protesi, protesi destinate tuttavia ad altri mercati, perché il nostro sistema sanitario non ne ha ancora percepito il vantaggio”.

Prepararsi alla sfida: produrre più macchine

Per quanto riguarda i player, per Iuliano la sfida si gioca sul metallo. “Ci sono alcune realtà che sono entrate in questo mercato, perché è appetibile e già genera fatturati interessanti anche per grandi gruppi industriali. In questo segmento, la sfida non è ridurre i prezzi, ma di rendere disponibile sul mercato un numero sufficiente di macchine per supportare determinate produzioni. Se l’ipotesi fosse che domani l’Automotive spinga sull’additive, al momento non esiste un player in grado di produrre 1000 macchine in un anno. Non è un caso che grandi player, come General Electric, stiano facendo acquisizioni con il dichiarato obiettivo di aumentare la propria capacità produttiva”.

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