Storm Reply Point of View

IoT Data Ingestion: quali problemi e come risolverli

A colloquio con Girolamo Piccinni, manager di Storm Reply: perché il cloud è abilitante per le piattaforme IoT? Quali sono le sfide nella gestione di una infrastruttura di raccolta, gestione e processo dei dati di campo? Le opportunità per il settore manifatturiero

Pubblicato il 29 Apr 2021

Immagine da Shutterstock

Quando si parla di IoT, si pensa a dispositivi abilitati alla raccolta dati dal campo o dall’ambiente e si pensa agli insight che da quei dati derivano, utili ad alimentare processi decisionali operativi e di business.
Tra i dispositivi e gli strumenti di analytics ci sono le piattaforme IoT, deputate a tutte le attività ingestion dei dati IoT, per le quali il cloud riveste un ruolo sempre più strategico.
È questo uno degli ambiti di specializzazione di Storm Reply, la società all’interno del gruppo Reply che si occupa di cloud computing, quella che ha maturato la maggiore esperienza in questo settore forte dell’importante partnership che la lega a un player come AWS.
Ne abbiamo parlato con Girolamo Piccinni, manager di Storm Reply, proprio con l’obiettivo di comprendere quali siano gli effettivi benefici che il cloud porta e quali criticità risolve.
“Il team IoT di Storm Reply ha come focus l’implementazione di piattaforme di back-end per l’IoT in cloud. Noi non ci occupiamo dell’implementazione di sensori hardware o di firmware: per queste attività facciamo leva sulle competenze che ci sono in altre aziende del gruppo. Noi ci occupiamo di tutto quello che c’è dopo il campo: come ricevere i dati, come organizzarli, come trarne valore e come implementare i servizi”.

IoT Data Ingestion: perché serve il cloud

Nella visione di Storm Reply, il cloud computing è indispensabile in una implementazione IoT. Il motivo è chiaro: le piattaforme prevedono tantissimi sensori in campo, tanti punti di misura, generano importanti flussi di dati da salvare e processare, anche con picchi significativi di carico. Il cloud, grazie alla sua flessibilità, alla sua elasticità e alla sua capacità di scalare, è la scelta migliore per ospitare il back-end di una piattaforma IoT.
“In Storm Reply – racconta Piccinni – implementiamo tutti i nostri back-end seguendo due paradigmi molto importanti. Il primo è rappresentato dai microservizi, un modello architetturale che si focalizza sull’implementazione dei singoli servizi, per poterli gestire e modificare in maniera indipendente. Questo ci permette di avere architetture realmente modulari, che possono evolvere nel tempo aggiungendo nuovi servizi ed estendendone le capacità. Il secondo paradigma è quello serverless ed è specifico del mondo cloud”.
Solo in cloud è possibile implementare delle architetture serverless, che consentono di non dover gestire macchine virtuali, né obbligano ad avere macchine virtuali preallocate, ma permettono di sfruttare tutto quello che il provider mette a disposizione.
“Questo significa scalare in maniera continua: le nostre architetture event based permettono di allocare le risorse per soddisfare la richiesta nel momento in cui arriva, e quindi garantire una scalabilità reale della soluzione e ancor di più assicurare che i tempi di risposta non varino al variare del carico”.

Il ruolo delle Lambda Function, il ruolo del protocollo MQTT

Tra i servizi disponibili sul cloud di AWS, ben si applicano a questo scenario applicativo le Lambda Function, il servizio che permette di implementare la logica di business all’interno di una piattaforma sfruttando i principi del serverless, così come la componente Edge, che rappresenta un aiuto importante nella raccolta dei dati.
Quanto a Storm Reply, la società rende disponibile un IoT Broker, “un componente che permette di fare ingestion dei dati utilizzando il protocollo MQTT, ad oggi il protocollo principe nell’IoT, garantendo tutti i requisiti di sicurezza. I dispositivi sono in campo, quindi, dovendo curare la sicurezza della nostra piattaforma, utilizziamo MQTT con una mutua autenticazione TLS, con un livello di sicurezza elevatissimo e paragonabile a quello delle VPN in cui ogni dispositivo ha un suo certificato e una sua chiave che lo identificano”, spiega ancora Piccinni.
Attraverso il broker, i dati vengono raccolti e processati, sia per il salvataggio in un data lake per successive attività di analytics, sia in una logica di streaming processing. “In questo caso si tratta di analizzare il contenuto dei dati, identificare se ci sono variazioni, se si superano soglie statiche o dinamiche e di conseguenza agire”. Questo perché le piattaforme IoT non si occupano solo dell’ingestion dei dati, ma possono a loro volta inviare comandi ai dispositivi in campo, anche riconfigurando il singolo macchinario, perché possa funzionare meglio.

Dalla Data Ingestion agli Analytics

La normale estensione di una piattaforma IoT è una piattaforma di IoT Data Analytics, che consenta, una volta raccolti i dati, di eseguire analitiche complesse.
“In Storm Reply in genere realizziamo piattaforme di Data Lake, sfruttando i servizi di storage in cloud. Grazie agli strumenti di analytics riusciamo quindi a creare sia dashboard, sia regole e algoritmi che permettono di identificare eventuali problemi o situazioni rilevanti e tradurle in un allarme o in un comando. I dati sono resi disponibili ai team di Data Scientist, sia interni a Storm Reply, sia a team misti, composti anche di personale del cliente”.
Questi team, utilizzando sia gli strumenti tradizionali della data science, come quelli della Business Analytics, sia strumenti più moderni come Jupyter-Notebook, analizzano i dati storici e quelli più recenti e creano veri e propri algoritmi di processamento dei dati.

Quali sfide per il mercato

Le sfide di questo approccio? Dipende dalla tipologia di cliente.
“Ad esempio, nel mondo del manufacturing è importante integrarsi con quanto già esiste. Il manufacturing, non è mai un greenfield: solitamente si hanno già macchinari e sensori dei sistemi MES ed è importante integrarsi con quanto già in campo. Non è pensabile chiedere al cliente di sostituire i propri macchinari perché sarebbe un investimento non sostenibile. È nostro obiettivo portare l’IoT là dove inizialmente non c’era”.
In altri settori, la sfida è rappresentata dalla capacità di creare servizi partendo dai dati, sia per il mondo Enterprise, sia per gli utenti consumer: servizi che permettono ai clienti di monitorare qualcosa che succede a casa loro o nelle loro aziende e agire di conseguenza.
“Da un punto di vista invece più tecnologico, la sfida è rappresentata dai principi fondamentali che regolano le nostre architetture: essere scalabili e tolleranti a eventuali malfunzionamenti. A differenza di un’applicazione tradizionale, quando si parla di IoT si parla di un collegamento con dispositivi in campo: i dispositivi sono tanti e ciascuno potrebbero avere un problema di qualsiasi natura. Bisogna disegnare la soluzione dal punto di vista tecnologico in modo tale che continui comunque a funzionare anche in presenza di problemi e che anzi li identifichi per abilitare le necessarie risposte e azioni”.

Storm Reply e il New Normal nel mondo industriale

Sicuramente l’emergenza pandemica ha portato alcuni clienti, spinti anche da motivazione di ordine psicologico, a interessarsi di più a queste leve tecnologiche, superando anche qualche riluttanza.
“Non nascondo che nel mondo industriale la possibilità di controllare da remoto macchine e impianti fino a qualche anno fa era vista con sospetto: se la raccolta dati e la possibilità di analizzare questi dati erano attività consolidate, la possibilità di agire sul macchinario veniva vista con sospetto. È una reticenza naturale: qualsiasi impatto sul macchinario si traduce in un possibile blocco della produzione, dunque in un evento non accettabile. Oggi i clienti nel mondo industriale accettano che i comandi vengano inviati dalla piattaforma, comprendono il valore del lavoro da remoto anche per gli operatori”.
In particolare i clienti più grandi, spiega ancora Piccinni, sono sensibili al tema dei costi di manutenzione che possono essere molto elevati sia che si tratti di inviare personale nei plant remoti, sia che si tratti di sostituire componenti, sia che si tratti di rispettare determinati SLA. Di conseguenza, questa tipologia di clienti apprezza particolarmente la possibilità di agire direttamente in campo.
A questo aspetto se ne aggiunge un altro non meno importante: nel mondo industriale non è accettabile che il funzionamento di una linea sia in qualche modo dipendente dal funzionamento di connettività.
Una soluzione industriale deve poter continuare a funzionare, anche se la connettività verso il cloud non è presente. Semplicemente non è accettabile avere una dipendenza in più.
“Proprio per rispondere a questa necessità specifica i provider, ed in particolare Amazon, hanno creato la componente di Edge computing cui si faceva cenno prima e quindi la possibilità di avere parte della logica di business eseguita direttamente in campo. Parliamo della stessa logica che si esegue in cloud, quindi delle Lambda Function eseguite direttamente in locale: questo permette di rimuovere la dipendenza dalla connettività con il cloud, garantire che la logica complessa, che richiede molta computazione, avvenga in cloud e di inviare in campo un semilavorato che permetta di funzionare sempre indipendentemente dalla connettività”.
Piccinni sottolinea un ulteriore elemento di cui tenere conto: la maggior parte delle soluzioni IoT evolve in soluzioni che utilizzano tecniche di intelligenza artificiale e machine Learning per identificare eventi o delle correlazioni. “Con i servizi che mettiamo in campo è possibile implementare un modello in cloud e permettere l’esecuzione della sola inferenza: quindi la creazione di un modello computazionalmente onerosa, viene fatta in cloud con gli strumenti del cloud, mentre l’esecuzione dell’inferenza, che invece è meno onerosa viene servita, direttamente in campo. Il campo, dunque, non è più solo per la logica di business ma permette anche l’esecuzione di inferenza per i modelli generati in cloud.

I mercati indirizzati

Dal punto di vista progettuale gli ambiti IoT sui quali Storm Reply lavora sono tendenzialmente mondo delle piattaforme IoT per il mondo dell’Energy, il mondo del veicolo connesso e il mondo del manufacturing.
Tre mondi, sottolinea Piccinni, con esigenze molto diverse per quanto riguarda la gestione dei dati.
“Il mondo del manufacturing, ad esempio, utilizza un numero inferiore di macchinari, ma genera un numero elevatissimo di messaggi con una frequenza di campionamento molto elevata e ha necessità di eseguire logiche in campo. Di contro, il mondo del veicolo connesso prevede l’integrazione di moltissimi dispositivi che mandano messaggi con un rate molto inferiore rispetto a un mondo industriale e che richiede meno capacità computazionale all’Edge. Il mondo dell’energy, infine prevede una diversificazione o variabilità dei dispositivi in campo molto elevata. In questo caso, bisogna tenere contro della variabilità dei dispositivi e della possibilità di raccogliere dati da protocolli molto eterogenei presenti in campo e poterli gestire”.

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