Lo scenario

Social network nelle imprese, l’unione che fa la forza per il business

Maggior condivisione delle informazioni e focalizzazione su progetti anche mission critical, abbattimento di costi e tempi nei processi decisionali, potenziamento dei rapporti con la customer base. Il tutto senza più confini, grazie alla mobilità. Sono tanti i motivi per cui app come Facebook at Work e Slack stanno integrandosi con riunioni e strumenti tradizionali di Unified collaboration. L’importante è puntare su soluzioni aperte e flessibili

Pubblicato il 19 Set 2016

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Condividere conoscenze, migliorare la comunicazione interna, coltivare relazioni con partner e clienti, coinvolgere i collaboratori. Tutto a prescindere dai confini geografici grazie alla mobilità. Sono questi i principali task che si possono coprire adottando in azienda una piattaforma basata su applicazioni social e di collaboration ispirate al mondo consumer.

Naturalmente, come sempre per le tecnologie digitali, non si tratta di panacee o strumenti che possono essere utilizzati in maniera univoca o integrati nelle organizzazioni in pochi minuti. Barriere culturali, diffidenza verso modalità relazionali più vicine al mondo entertainment che a quello business e una moltitudine di formati, linguaggi e meccanismi diversi sono i freni all’adozione di soluzioni che tuttavia – sempre più studi e use case lo dimostrano – possono generare importanti vantaggi competitivi oltre che ROI estremamente interessanti.

Aumenta la soddisfazione (e gli investimenti) delle aziende

Da una parte forme di comunicazione e di collaborazione integrate nella routine delle attività personali, con funzionalità on demand per scambiare informazioni quando serve e sempre in maniera contestualizzata, abbattono i ritardi nei tempi di risposta, dall’altra permettono di ridurre sensibilmente i costi di trasferte o servizi di teleconferenza. Uno studio di Apco dice che la qualità del contenuto rappresenta l’aspetto più importante per il 42% degli intervistati, seguita dal coinvolgimento e dal dialogo (37%) e dalla capacità di ottimizzare l’accesso alle informazioni. Secondo Apco, le aziende che usano funzioni o soluzioni social nei loro sistemi informativi godono di un netto vantaggio in termini di connessione e fiducia tra collaboratori e datori di lavoro. McKinsey sottolinea in una sua indagine che due terzi delle organizzazioni attive su questo fronte intendono aumentare gli investimenti nell’immediato futuro, mentre per Frost & Sullivan addirittura il 100% degli utenti finali pensa che Video conferencing, Unified Collaboration e VoIP hanno superato le aspettative rispetto alla capacità di potenziare la cooperazione interna, produrre risparmi significativi e migliorare il customer care.

Dal punto di vista invece dei clienti, uno studio di Yankee Group evidenzia che i consumatori vogliono partecipare sempre più attivamente alle scelte dei brand di riferimento. L’80% ritiene che le aziende dovrebbero ascoltare attentamente i social network per capire che cosa il pubblico dice di loro, il 70% dei consumatori desidera dialogare in tempo reale con esperti delle imprese, mentre il 58% dichiara che uno scambio continuo di punti di vista attraverso le piattaforme social contribuirebbe ad aumentare la fedeltà nei confronti del marchio. Infine il 65% vorrebbe collaborare con i brand per indicare nuove idee di prodotto.

La sfida tra piattaforme consolidate e newcomer

Queste sono solo alcune delle motivazioni per cui le soluzioni di social networking pensate per il business sta prendendo sempre più piede, tra proposte di stampo esplicitamente enterprise (basti pensare a Yammer di Microsoft o Jabber di Cisco, ma anche ai nuovi servizi di LinkedIn, come Lookup, o a Slack, mentre Microsoft è al lavoro su Skype Teams) ed esperimenti di ibridazione di piattaforme nate in ambito consumer, a partire da Facebook at Work.

Quest’ultima è in fase beta da un anno e mezzo ma è già stata adottata da Weber Shandwick, il network internazionale (oltre 3.500 collaboratori per 78 uffici in 34 Paesi) di comunicazione e relazioni pubbliche. Facebook at Work ha introdotto il mese scorso nuove funzionalità legate alle chiamate audio di gruppo, caselle che segnalano contatti frequenti e conversazioni non lette, filtri per la ricerca e video live. Soprattutto quest’ultimo comparto sembra aver conquistato il management dell’agenzia di PR. Stando a Michelle Giuda, Weber Shandwick Senior Vice President of Global Communications, il video sta venendo rapidamente integrato nelle strategie di comunicazione del gruppo, soprattutto perché richiedendo poche risorse si pone come un servizio molto più semplice di altri. Senza contare che la user experience di Facebook, anche se traslata e potenziata sul piano professionale, rimane in gran parte quella conosciuta dalla stragrande maggioranza dei collaboratori in ambito privato.

Non a caso anche colossi come Heineken o Nestlé hanno deciso di allacciare il social media ai propri processi decisionali, mentre Carolyn Everson, VP e Global Marketing Solutions di Facebook, ha spiegato la scorsa settimana che grazie alla sua intuitività il social network potrebbe diventare quella piattaforma di project management a cui Slack sta cercando aggressivamente di dare vita.

A proposito di Slack, che dopo l’ultimo round di investimenti, 200 milioni di dollari, ora vale 3,6 miliardi, continua a mietere successo tra le aziende più innovative del mercato: la stessa Weber Shandwick la utilizza a fianco di Facebook at Work e di una Intranet proprietaria, l’agenzia di servizi e comunicazione digitali R/GA (che ha per clienti Samsung, Verizon, Google, Nike, Unilever, Volvo, Tiffany) ha inserito 1500 dei propri 1800 collaboratori attivi in 15 uffici di quattro continenti su Slack ha abbattuto in due anni il 30% delle riunioni, aumentando al contempo del 30-40% la rapidità dei processi di decision making non solo all’interno dell’organizzazione, ma anche con i propri clienti.

Il vantaggio di Slack su Facebook, al momento, è evidente. Ma le opportunità di crescita non mancano. Brian Blau, Research Director di Gartner, sottolinea che proprio il caso di Weber Shandwick mostra un mondo che non è alla ricerca di un unico tool di collaboration e che la sfida è soprattutto il reale coinvolgimento degli utenti. Una sfida che oggi passa inevitabilmente dall’evoluzione delle piattaforme capaci di conquistarsi consensi in ambito consumer.

«Soluzioni come Yammer e Jabber», nota Blau, «hanno forse un po’ precorso i tempi». Ma questo non ha impedito loro di affermarsi in contesti di rilievo, producendo risultati interessanti. British Airways per esempio è riuscita a portare sul social realizzato da Microsoft 11mila dei propri 41mila dipendenti, generando milioni di post che hanno influenzato scelte del management come l’ingresso in flotta del nuovo velivolo A380 e la composizione degli amenity kit riservati ai viaggiatori. «Il social network si è rivelato molto più efficace delle mail sia nel comunicare problemi e ipotetiche soluzioni, sia rispetto ai tempi di risposta degli interessati e alla spontaneità degli interventi», ha dichiarato Adrian Steel, Global Head of IT Operations di International Airlines Group.

La collaboration sui social? Un gioco di squadra anche per i vendor

Senza entrare nel merito di Jabber, Cisco ha invece stretto una collaborazione con Apple per mettere a punto l’ultima versione di iOS sul fronte della compatibilità con le applicazioni business. L’obiettivo per Cupertino è consolidare la presenza dell’iPhone nel mondo enterprise specialmente sul fronte della collaboration, ottimizzando il flusso dei dati dal device al network e sviluppando la capacità di dare priorità ai software professionali e alle attività mission-critical laddove necessario.

Quello di Apple, si sa, è un approccio chiuso. Ma per essere realmente efficace, qualsiasi implementazione di un social network professionale, a prescindere dalla user experience, dev’essere elastica nell’integrazione con soluzioni multivendor (si pensi al discorso della sicurezza, che meriterebbe un approfondimento a parte) e con applicazioni e policy sviluppate in casa. Per esempio la creazione di toolkit per lo sviluppo di software verticali legati a processi core potrebbe creare vantaggio rispetto ai concorrenti. Il modo migliore per rendere una soluzione scalabile (ed efficiente sotto il profilo dei costi) è adottarla via Cloud: attraverso meccanismi di pay-per-use e con la possibilità di sperimentare le architetture – anche offerte da diversi fornitori – su progetti specifici ampliando pian piano il raggio d’azione, la Nuvola è la premessa migliore per ottenere un rapido inserimento delle piattaforme a fronte di investimenti contenuti.

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