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L’innovazione che rende il mondo più «smart» – Intervista a Nicola Ciniero, Amministratore Delegato di IBM

Trasporti intelligenti, cloud computing, Sanità elettronica, nanotecnologie, data center a basso impatto ambientale. Nicola Ciniero, Amministratore Delegato di IBM Italia, parla dell’impegno di Big Blue sulle nuove frontiere dell’IT e del ruolo dei ricercatori che lavorano nel nostro Paese

Pubblicato il 01 Gen 2010

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Sei miliardi di dollari l’anno investiti in ricerca e il
più alto numero di brevetti depositati negli Usa da sedici
anni a questa parte. Bastano questi due dati a mettere in luce
il ruolo propulsore per l’innovazione nell’IT di
IBM, l’azienda che, sin dagli albori dell’IT, è
protagonista del mercato in ogni angolo del pianeta. Oggi
l’impegno è sintetizzato in due parole, Smarter Planet,
ovvero un pianeta più intelligente e a misura d’uomo
grazie a un uso avanzato delle tecnologie già disponibili, con
un occhio di riguardo verso quelle Mobile & Wireless. Ne
parliamo con Nicola Ciniero, nominato Amministratore Delegato
lo scorso maggio, che in questa intervista punta il riflettore
sull’importante ruolo svolto dai centri di ricerca
italiani.

Il gap tecnologico delle aziende italiane rispetto a
quelle degli altri Paesi avanzati è puntualmente messo in
evidenza da studi quali il rapporto Assinform, che nella sua
ultima edizione evidenzia come la difficile congiuntura
economica dell’anno appena concluso ha ulteriormente
rallentato il trend di investimento. Al di là del dato medio,
tuttavia, in Italia si possono individuare diversi casi di
eccellenza, aziende lungimiranti in cui il livello di
“maturità tecnologica” è elevato. Qual è, nella
sua opinione il ruolo di un importante fornitore ICT come IBM
per aiutare le aziende italiane a cogliere le opportunità
dell’ICT?

Tradizionalmente, il nostro Paese ha la tendenza a oscillare
tra l’evocazione di un inesorabile declino e
l’insieme di giudizi che sottovalutano difficoltà e
ritardi. Per avere un’idea più equilibrata, valutando
meglio segnali e tendenze in corso, ci sovviene una recente
analisi condotta da IBM nei confronti di 2500 Chief Information
Officer. Tradizionalmente responsabili dei sistemi informativi,
i CIO stanno ridefinendo in questi anni il proprio ruolo,
risultando sempre più coinvolti nella definizione delle
strategie, a sostegno di un cambiamento che va ben oltre
l’infrastruttura IT. Oggi i CIO affrontano tre obiettivi:
realizzare innovazione, incrementare il ritorno sugli
investimenti tecnologici e aumentare l’impatto
dell’IT sul business. Bene, i 166 intervistati in Italia,
in maggioranza rappresentanti di medie imprese, sembrano non
sottrarsi a tale sfida. Dichiarano anzi di dedicare il 60% del
loro tempo ad attività che creano innovazione e crescita,
contro un 40% impegnato in attività informatiche tradizionali.
Un dato che appare addirittura superiore al 55% emerso
dall’intero campione globale. Tra le priorità indicate
ci sono la ‘business intelligence’, la
virtualizzazione e le soluzioni di mobilità, di collaborazione
e di social networking per dipendenti, clienti e partner. È
pur vero che i budget IT delle aziende italiane risultano
inferiori alla media globale – il che rende più difficile
bilanciare le risorse tra nuovi progetti e gestione
dell’esistente – ma la fotografia ci rende moderatamente
ottimisti nella possibilità di indurre reali cambiamenti nel
modo di lavorare delle imprese. Alle aziende che stanno
seguendo percorsi di trasformazione, IBM è in grado di offrire
un ampio sostegno strategico e operativo. Questo perché
l’azienda attinge tanto da specifiche competenze presenti
in Italia, quanto dal network internazionale che fa di noi una
Globally Integrated Enterprise, realtà in grado di mettere
ovunque a fattor comune i propri asset con una capacità di
delivery senza pari. Di qui una proposizione, in termini di
consulenza e servizi, di soluzioni e prodotti per l’IT in
grado di assicurare innovazione di processo per tutte le
tipologie di azienda. Particolare attenzione, almeno per quanto
riguarda l’Italia, viene offerta alle piccole e medie
imprese che hanno bisogno di efficienza e capacità
competitiva. Tutta per loro è quindi la nuova soluzione di ERP
‘Smart Business’, presentata a Smau 2009, capace di
coniugare hardware, software e servizi.

La Mobility sta profondamente modificando il modo di
relazionarsi delle persone e i processi di business delle
organizzazioni, siano esse aziende private o pubbliche, in ogni
settore di attività. Qual è l’esperienza e
l’impegno di IBM in questo ambito?

Non più tardi di un anno fa, IBM presentò alla comunità
mondiale lo Smarter Planet, visione strategica di ampio respiro
che origina da una precisa consapevolezza: l’avere oggi a
disposizione un ammontare di tecnologia, diffusa e a buon
mercato, poco funzionale alla riduzione degli sprechi e
all’abbattimento delle inefficienze di cui siamo tutti
testimoni. Di qui la nostra convinzione: questa tecnologia può
essere interconnessa in modo più intelligente per
“trasformare” i sistemi, i processi, il modo di
produrre, di scambiare beni e servizi, semplicemente di
utilizzare le cose con il fine di ottenere risultati migliori
nella vita di tutti i giorni. Prendiamo, per fare un esempio,
il tema della mobilità nelle grandi città. La sensibilità
verso il problema del traffico è presente nell’agenda
delle amministrazioni pubbliche locali, come dimostra il caso
di Stoccolma, vero e proprio esempio “virtuoso” per
i risultati ottenuti e per gli scenari che prefigura.
Quantificati i costi sociali, ambientali ed economici indotti
dal traffico in circa 800 milioni di euro all’anno, nel
2005 Stoccolma decise di mutare prospettiva e strategia.
Anziché intervenire agendo sul potenziamento tout court della
mobilità privata, l’amministrazione locale scelse di
agire adottando misure disincentivanti per l’utilizzo
dell’auto, inducendo quindi cambiamenti nel comportamento
dei propri cittadini. Il progetto, noto come congestion tax, ha
dapprima agito sul potenziamento del trasporto pubblico e del
sistema di “Park & Ride”, a partire
dall’agosto 2005, per poi passare alla fase di
sperimentazione iniziata a gennaio 2006 e conclusasi il 31
luglio. A IBM, in virtù di una comprovata capacità di
gestione e realizzazione di progetti fortemente innovativi –
esperienze simili sono state maturate a Singapore, in Canada e
nel Regno Unito – fu assegnato il ruolo di general
contractor. Dopo sette mesi di attuazione sperimentale, la
politica antitraffico fu sottoposta al vaglio di un referendum
popolare che, nel settembre 2006, scelse di dare il via libera
all’attuazione completa del progetto e al suo
ampliamento. Con caratteristiche di velocità, potenza e
automazione, l’infrastruttura tecnologica svedese rileva,
identifica e processa i pedaggi per ogni auto in entrata e
uscita dal perimetro della zona “centrale” della
città applicando tecnologie diffuse come il trasponder RFId e
i varchi di accesso – entrambi dialogano via segnali radio – il
laser e le fotocamere digitali. Impressionanti i risultati:
già alla fine del periodo di test fu possibile registrare una
diminuzione del livello di traffico pari al 20-25%, un calo dei
tempi trascorsi in coda nella misura del 30-50%, un
abbattimento del 14% nel livello degli elementi inquinanti e
del 40% dei gas serra, un sensibile incremento nell’uso
dei mezzi pubblici e, cosa che non guasta, un incasso di circa
50 milioni di euro annui provenienti dai pedaggi da destinare a
nuovi servizi. Anche in Italia, fortunatamente, sforzi analoghi
cominciano a prendere forma. Segnali di interesse ci vengono
offerti dalle amministrazioni cittadine attive nello sviluppo
di specifici progetti, così come dalla pubblica
amministrazione centrale e locale impegnata a fornire nuovi
servizi digitali e interattivi. Parma, Reggio Emilia, Salerno,
Venezia, Bolzano: ecco, per citare esempi concreti, le
comunità che nel 2009 hanno rivisto la gestione dei servizi
pubblici, con un approccio trasversale e sistemico – in materia
di mobilità, sicurezza, accessibilità e assistenza – secondo
un nuovo modo di intendere la città che IBM definisce
‘Smarter Town’. Questo è solo un aspetto
dell’impegno di IBM sui temi Mobile & Wireless: altri
esempi sono il progetto Tag My Lagoon realizzato a Venezia e
l’applicazione per non vedenti Sesamonet (si veda in
fondo alla pagina).

Quali filoni di innovazione sembrano a oggi avere
maggiore impatto per l’evoluzione futura dell’ICT?
Qual è oggi il ruolo e il contributo dei centri di ricerca IBM
in Italia?

Il monte investimenti che IBM riserva alla ricerca, su trend di
sviluppo individuati con anni di anticipo, ammonta ogni dodici
mesi a più di 6,5 miliardi di dollari. Da sedici anni a questa
parte, poi, l’azienda deposita il più alto numero di
brevetti negli USA, la stragrande maggioranza relativi a
software e servizi, con una ovvia ricaduta sui mercati del
mondo intero. E non dimentichiamo l’Italia. Perché qui,
precisamente a Roma, dal 1979, c’è una delle nostre
punte di eccellenza: mi riferisco al Software Lab che, con
oltre 500 ricercatori, fornisce l’80% di tutto il
software Tivoli commercializzato nel mondo. A Roma fa capo il
coordinamento della ricerca di 9 laboratori oggi impegnati
anche sul ‘cloud computing’, la nuova frontiera che
rivoluzionerà l’IT fornendo alle aziende potenza di
calcolo e applicazioni in modalità ‘self-service’.
Due, solo nel mese di dicembre, i passi compiuti in questa
direzione da IBM a testimonianza del peso di un’area in
crescita a un tasso annuo composto del 28%, con un valore di
mercato stimato per il 2012 in 126 miliardi. Il primo riguarda
la disponibilità di un software online – il Tivoli Live
Monitoring Services – in grado di aiutare le aziende a
gestire la performance di tutte le risorse IT. Il secondo
riguarda la nascita, a Hong Kong, del 10° centro mondiale
IBM a sostegno dei servizi Cloud LotusLive che servirà da
struttura di sviluppo d’eccellenza per il web 2.0,
l’e-mail cloud e la collaborazione per aziende di tutte
le dimensioni. Ma i filoni dell’innovazione per IBM sono
molteplici ed è davvero impossibile qui ricordarli tutti. In
ambito software e servizi, con riferimento alle Smarter Town e
al problema del crescente fenomeno dell’urbanizzazione,
siamo per esempio al lavoro su trend futuribili come la
standardizzazione dei metodi di condivisione delle informazioni
sanitarie, la raccolta e l’uso dei dati in tempo reale
che impattano la sicurezza fisica, l’intelligenza degli
edifici – in grado di gestire in autonomia le risorse fisiche
per il loro efficace funzionamento – e delle reti di
distribuzione dell’acqua, le nuove fonti per la mobilità
come le batterie per i veicoli elettrici. E questi non sono che
esempi di un più ampio impegno che meriterebbe pagine di
trattazione. Ci sono poi le ricerche dedicate ai grandi temi
del sociale e della medicina: nel primo caso attraverso
iniziative come la soluzione ‘SMS for Life’ la
quale, combinando telefonia e internet, traccia e gestisce la
fornitura di farmaci utilizzati per la lotta alla malaria in
aree remote della Tanzania. Nel secondo, con progetti come il
‘Lab on a chip’, un test diagnostico analizza
minuscoli campioni di siero o di sangue osservando la presenza
dei marker delle più diffuse patologie. In Italia, gli
scienziati dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna
stanno lavorando con i ricercatori del centro IBM di Haifa per
la creazione di un sistema denominato BioMIMS che, integrando
diversi tipi di informazioni – immagini, dati fenotipici e
genomici – consentirà un’analisi avanzata per
stabilire correlazioni tra pazienti affetti da malattie rare
dell’apparato scheletrico. Parte dell’impegno
sull’innovazione dei processi e dei prodotti, globalmente
inteso, viene svolta nel nostro Paese. Abbiamo citato il
Software Lab di Roma ma a questo si uniscono altri quattro
Innovation Center – a Napoli, Bari, Cagliari e Catania – da cui
‘emergono’ soluzioni avanzate nei settori dei
trasporti, del turismo, della cultura, del grid computing,
della biodiversità molecolare applicata all’agri-food e
della digitalizzazione della PA.

Sviluppo sostenibile, rispetto dell’ambiente,
riduzione e smaltimento dei rifiuti, energie alternative:
appare sempre più evidente l’urgenza di inserire queste
priorità nelle agende delle grandi organizzazioni. Nel
concreto, quali sono le attività intraprese da
IBM?

IBM è impegnata nel contenimento dell’impatto ambientale
almeno da una quarantina anni. Le prime iniziative risalgono al
1971, e da allora i temi del risparmio energetico hanno
rappresentato un caposaldo di ogni programma e iniziativa,
all’interno ed all’esterno dell’azienda. Tra
il 1990 ed il 2006, IBM ha risparmiato 4,5 miliardi di kWh di
consumi elettrici, ha evitato l’emissione di quasi 3
milioni di tonnellate di CO2, pari al 44% di quelle prodotte
dall’azienda nel 1990 a livello mondiale. Dal punto di
vista economico, gli interventi realizzati in quel periodo si
sono tradotti in risparmi per oltre 290 milioni di dollari. In
particolare, significativi sono gli sforzi compiuti da IBM per
fare dei Data Center, a cui è imputabile il 2% dei consumi
globali, centri di maggiore efficienza energetica.
L’iDataPlex, per esempio, è il server IBM ad alto volume
di elaborazione più efficiente del mondo poiché consuma fino
al 40% in meno di corrente elettrica rispetto a macchine dello
stesso tipo. Il suo disegno riduce le strozzature nei flussi
d’aria e permette la condivisione dei sistemi di
aerazione e di alimentazione ad alta efficienza, con riduzione
dei consumi per il raffreddamento nell’ordine di un 66%.
Con la soluzione Systems Director Active Energy Management è
possibile monitorare e gestire in modo automatico i consumi
energetici, ottenendo riduzioni dei costi di quasi il 30%. Di
Data Center di questo tipo abbiamo due esempi recentissimi:
l’IBM Business Park, il più avanzato sistema attualmente
installato in Corea e il Green Data Center
dell’Università di Syracuse, pronto a entrare a pieno
regime. Entrambi dispongono di tecnologie e di architetture IT
avanzatissime, in grado di garantire risparmi energetici fino
al 50%.

Sesamonet: il navigatore per non vedenti che sfrutta
tecnologie Wi-Fi, Bluetooth e RFId

Un navigatore in grado di guidare i non vedenti, mediante
segnali sonori, lungo itinerari predefiniti, come dispositivo
di ultima generazione capace di migliorare la qualità della
vita di quanti non vedono, sfruttando la tecnologia RFId.
Il suo nome è Sesamonet, acronimo di SEcure and SAfe MObility
NETwork, ed è frutto del lavoro che l’Istitute
Protection and Security Citizen, lo JRC (Joint Research Centre)
di Ispra e il CATTID dell’Università di Roma Sapienza
hanno sviluppato in collaborazione con IBM. Presentata
all’ultima edizione di Smau, la soluzione necessita di
una connessione Wi-Fi a un server per l’aggiornamento
periodico dei dati topologici e si basa su un lettore RFId la
cui antenna integrata in un bastone intercetta i dati contenuti
nei tag RFId passivi installati lungo un sentiero
trasmettendoli via Bluetooth al dispositivo mobile, sia esso
uno smartphone o un PDA. Tali dati sono quindi interpretati dal
software, installato su questi ultimi, che fornisce messaggi di
navigazione sintetizzati tramite tecnologie Text-to Speech. Il
passaggio finale è la trasmissione del messaggio audio
all’utente tramite auricolare Bluetooth.
L’utilizzo combinato di tali tecnologie può consentire
la realizzazione di cammini interattivi capaci di guidare non
vedenti e ipovedenti, fornendo loro informazioni utili in
maniera diretta e precisa sostituendo o integrando così le
guide fisiche Loges in Granitogres, disposte nel terreno. I
microchip utilizzati non necessitano di alimentazione e non
sono deperibili nel tempo.

TagMyLagoon: Venezia sperimenta i servizi su
smartphone per i turisti

Sviluppato dallo Human Centric Solution Centre Emea di IBM,
TagMyLagoon è un progetto pilota attivato a Venezia tra
l’agosto e l’ottobre del 2009, dopo l’entrata
in servizio della rete Wi-Fi comunale, con il patrocinio
dell’Amministrazione locale e il contributo
dell’Ufficio Marketing Progetto Turismo Sostenibile.
Frutto della visione che IBM sintetizza nel concetto di
‘Smarter Town’ e dei progetti che hanno preso forma
l’anno scorso in Italia, TagMyLagoon ha unito
l’ambizione di mettersi al servizio di una città unica al
mondo per rispondere a pochi ma importanti quesiti. È possibile
gestire i flussi turistici in un luogo simile utilizzando la
tecnologia in possesso degli utenti? Si può orientaree verso le
zone meno battute della città un flusso di persone che, nel
2008, ha registrato la cifra record di 20 milioni di presenze?
Quale esperienza di interazione si vive?
I risultati, attualmente al vaglio delle parti e foriera di
ulteriori sviluppi, hanno dato risposte confortanti testimoniando
che l’interconnessione di tecnologia già disponibile è in
grado di ‘iniettare nuova intelligenza’ nel modo di
funzionare dei sistemi da cui i cittadini ricavano servizi
d’ogni tipo. TagMyLagoon utilizza un’applicazione per
il device (Symbian, iPhone o Android), una serie di tag
bidimensionali (o GR Code) che hanno la funzione di localizzare
il visitatore, permettendo il download di contenuti residenti su
server remoti, e la rete Wi-Fi. All’arrivo in città il
visitatore può scaricare gratuitamente l’applicazione sul
proprio cellulare. Una volta lanciata, prende conoscenza del
percorso, in formato mappa, che localizza i punti di interesse
associati ai tag. Questi ultimi vengono fotografati e
decodificati svelando i contenuti ad essi associati e relativi
all’area in cui ci si trova, nel caso specifico
informazioni di natura artistico-culturale tratte dalle guide di
Venezia. Il progetto ha permesso di raccogliere feedback
direttamente dall’esperienza sul campo, verificandone la
fattibilità, la replicabilità e il successo.
Si apre così la strada per iniziative in cui un mix di
tecnologia Wired e Wireless può sostenere efficacemente una
politica di gestione e di indirizzo dei flussi turistici,
prefigurando scenari di applicazione anche più ampi.

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