Strategie

L’ICT di Eni sulla frontiera dell’innovazione

Il CIO Gianluigi Castelli sta guidando la multinazionale italiana dell’energia in un percorso di profonda trasformazione dell’ICT basato sull’avveniristico green data center in via di realizzazione, e sul rinnovamento completo sia dell’infrastruttura sia della gestione delle applicazioni

Pubblicato il 01 Gen 2012

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In Eni dal 2006, Gianluigi Castelli è a capo dell’organizzazione che gestisce l’ICT della multinazionale italiana. Nel suo gruppo lavorano 675 persone e il budget gestito è di 475 milioni di euro l’anno, cui si aggiunge la spesa per l’estero, circa 250 milioni di euro. Per rispondere in modo più efficace e tempestivo alle esigenze ICT di un’azienda così diversificata come Eni, dallo scorso ottobre l’organizzazione è stata rivista per macro processi aziendali (come l’esplorazione, la produzione, il commerciale…): unità integrate verticalmente e libere di adottare il modello operativo più efficace nei confronti delle linee di business con cui interagiscono.

Gianluigi Castelli sta traghettando Eni lungo un percorso di trasformazione dell’IT destinato a ridisegnare completamente le modalità di erogazione dei servizi nel segno della massima efficienza e flessibilità: un nuovo Data Center, in via di realizzazione, ospiterà un’infrastruttura virtualizzata su cui poggerà la quasi totalità delle applicazioni. Un progetto molto innovativo e articolato che vedrà l’azienda impegnata per i prossimi due anni. Con il CIO ripercorriamo le tappe di questa trasformazione dell’ICT di Eni.

Eni ha avviato di recente i lavori per la realizzazione del nuovo Green Data Center, elemento cardine del progetto di IT Transformation. In cosa consiste e qual è l’origine del progetto?

Si tratta di una profonda trasformazione tecnologica e applicativa, che parte dal nuovo data center per arrivare a un ridisegno di tutta l’infrastruttura e della gestione operativa delle applicazioni. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo progressivamente migliorato l’efficienza operativa dell’IT di Eni, ma ritengo che si possa fare di più e meglio, grazie al progetto di IT Transformation. Nel 2006 in Eni ogni applicazione aveva il suo server o i suoi server di riferimento. Non c’era una strategia chiara su cosa fondare l’infrastruttura e quindi avevamo un’elevata frammentazione: server di tutti i tipi, con costi operativi elevati e flessibilità molto bassa. Anche la continuità ne risentiva: a meno delle applicazioni più critiche, non era economicamente sostenibile una ridondanza completa. Quando si rompeva una macchina, quindi, non c’era la possibilità di migrare la relativa applicazione su un’altra in tempi brevi.

Dal 2007 abbiamo iniziato un processo di consolidamento in logica di server farm, comprando macchine grandi che potevano essere partizionate. Il ridotto numero di macchine riduceva la complessità operativa, ma c’era ancora un’elevata eterogeneità. Contemporaneamente, per il mondo Wintel abbiamo avviato un esteso programma di virtualizzazione: una trentina di server molto grandi totalmente virtualizzati hanno rimpiazzato qualche centinaio di server piccoli. Adesso il passo che ci apprestiamo a fare è di cogliere l’occasione del data center nuovo per realizzare un’infrastruttura totalmente omogenea.

Come sarà realizzata questa infrastruttura e quali sono i vantaggi?

Tranne poche eccezioni determinate dalla natura molto specifica di alcune applicazioni, useremo quasi solo server basati su blade industry standard con sistema operativo Linux e con un livello spinto di virtualizzazione: otterremo così una maggior saturazione delle CPU, una migliore capacità di assorbire i picchi di carico – perché è possibile in ogni momento attribuire i processori alle applicazioni che ne hanno bisogno – e una migliore continuità di servizio: se si rompe un server fisico, il server virtuale e le relative applicazioni vengono migrate dinamicamente. Per la gestione delle applicazioni sui nuovi server abbiamo anche messo a punto uno schema operativo, battezzato ENI Dynamic Infrastructure. Ma questo avverrà nel 2013. Nel 2012 completeremo i muri e le parti fisiche del Data Center, poi è necessario un po’ di tempo per testare tutta l’infrastruttura, i cablaggi e la rete. Il 2013 sarà dedicato allo spegnimento progressivo dei vecchi server e all’avviamento delle applicazioni sulla nuova struttura.

Ha affermato che negli ultimi anni avete progressivamente migliorato l’efficienza operativa dell’ICT. Che risultati avete ottenuto finora?

All’inizio del 2007 abbiamo avviato un programma di efficienza che ha portato in quattro anni a una riduzione dell’organico da 1045 a 675 persone e a un risparmio di quasi 100 milioni di euro all’anno sulla spesa esterna. Ora abbiamo stabilizzato sia il budget che l’organico, ma siamo alla ricerca costante di una ulteriore ottimizzazione dei costi, con alcuni punti fermi. Ritengo infatti che sia doveroso comprare al miglior prezzo, integrato da precisi indicatori di qualità: in altre parole è giusto mettere i fornitori sotto pressione, ma esistono delle soglie al di sotto delle quali non è ragionevole scendere perché, come dico spesso “If you pay peanuts you get monkeys”. Abbiamo ben chiare quali sono le tariffe al di sotto delle quali diventa estremamente pericoloso scendere, sia perché si inquina il mercato – perché non sono reali – sia perché porta ad un decadimento della qualità. In futuro, il recupero di efficienza pensiamo di ottenerlo con la IT Transformation.

La migrazione verso il nuovo data center prevede anche un intervento sul parco applicativo?

Abbiamo già avviato un grande progetto di razionalizzazione delle applicazioni. Alcune verranno eliminate, altre incorporate o sostituite: io sarei soddisfatto se riuscissimo a spegnerne un numero compreso tra 100 e 140, arrivando cioè a circa 400-450 applicazioni rispetto alle 545 oggi a portafoglio. È un progetto molto complesso: anche per la sua parte più semplice, lo spegnimento appunto, dobbiamo stare attenti perché molte applicazioni sono anche in uso presso gli altri Paesi in cui Eni è presente e dobbiamo garantire che il servizio non subisca interruzioni. Non tutte le applicazioni comunque potranno essere portate sulle piattaforme standard. Un certo numero, di tipo industriale specifico, continuerà a girare su server dedicati, perché il fornitore non le rende ancora disponibili sulle piattaforme che abbiamo scelto.

State dunque realizzando una trasformazione verso una infrastruttura Cloud privata?

C’è troppa enfasi attorno alla parola Cloud, ma è vero che a livello di infrastruttura si tratta assolutamente di un’Infrastructure as a Service, e a livello di piattaforma avremo una buona percentuale di Platform as a Service. Tuttavia, a livello di software applicativo non vorrei parlare di Cloud per due ragioni: la prima è che le nostre applicazioni sono tante, quindi strutturare in logica di servizio un portafoglio applicativo eterogeneo come questo è troppo oneroso. Dall’altro noi abbiamo utenti che utilizzano classi di applicazioni ben definite, quindi il beneficio del self provisioning tipico del mondo del Cloud non ci interessa. Facciamo nostri quei concetti del Cloud che ci abilitano flessibilità, continuità, miglior efficacia nella gestione della risorsa di calcolo, ma non abbiamo necessità di realizzare un vero Cloud applicativo privato.

Stiamo invece investigando l’opportunità di creare un catalogo di processi di business indirizzabili tramite BPaaS, ovvero Business Processes as a Service, con cui, insieme ai colleghi delle linee di business, decidere se acquistare servizi integrati e non solo IT. Naturalmente garantendo la corretta interoperabilità con le altre applicazioni presenti in Azienda.

Eni è presente in oltre 70 Paesi. Come gestite l’ICT nelle diverse realtà in cui operate?

Il modo in cui siamo presenti in questi Paesi varia moltissimo, quindi un modello uguale per tutti non può funzionare. La natura e le dimensioni delle applicazioni locali possono essere molto diverse. Operiamo in vari modi. Nel Kazakistan, per esempio, esiste una forte presenza, circa 150 persone locali guidate da manager nominati da noi: l’IT è nelle mani di due italiani. Stessa cosa in Nigeria, dove abbiamo una sessantina di persone. In altre realtà il presidio da parte nostra è minore: è il caso dell’Egitto dove abbiamo una ventina di persone. In termini di infrastruttura, abbiamo una delle reti IP più estese in Europa e nel mondo, certamente la più grande in Italia. Su questa viaggia tutta la nostra fonia, con un beneficio sui costi molto elevato: tutte le sedi remote si attaccano alla nostra rete secondo standard definiti e governati da noi.

Le reti dati spesso non sono affidabili: in molti Paesi sono molto scadenti anche perchè i nostri impianti non sono mai nella capitale, ma sono magari in mezzo alla foresta. Anche i collegamenti satellitari non sempre sono adeguati a fornire un servizio 24 per 7 e in taluni casi la latenza non è adeguata per certi tipi di applicazioni. In questi casi realizziamo perciò data center locali per avere quel grado di affidabilità che le reti geografiche non sempre garantiscono.

Avete già migrato tutta la telefonia internazionale su IP?

Il progetto VoIP è iniziato nel 2005 ed è stato completato nel 2010. Tutta la telefonia è IP con funzioni di least cost routing (instradamento al minor costo) basate su tecnologia Italtel: se, dall’Italia, si compone un numero di rete pubblica, ad esempio del Congo, la nostra centrale “cattura” la chiamata e la fa uscire verso la rete pubblica nel punto più vicino, ovvero nella nostra sede in Congo.

Questo meccanismo ha prodotto svariati milioni di euro di risparmi all’anno sui costi di telefonia.

Qual è il vostro approccio alla Mobility? Come e da chi vengono utilizzati in Eni gli smartphone e i tablet?

Anche in Eni questi dispositivi stanno diventando sempre più comuni, ma si tratta ancora di numeri piccoli rispetto alla nostra dimensione: attualmente sono in uso un centinaio di iPad, circa 200 iPhone, sempre più richiesto, altrettanti Blackberry, e un migliaio di smartphone Nokia. Stiamo pensando di sviluppare un Enterprise App Store: non vogliamo che si crei una proliferazione di App diverse, che se utilizzate per scopi aziendali ci potrebbero creare problemi di security.

Un catalogo di App certificate ci permetterà di ottenere il duplice scopo di governare la spesa al meglio, senza che questa ricada sul singolo dipendente, e di garantire i più elevati standard di sicurezza. Stiamo lavorando a un’App di Business Intelligence che fornirà cruscotti e informazioni in mobilità per il top management.

Stiamo anche sperimentando l’uso dei tablet per applicazioni specifiche di campo, quali l’Augmented Reality per rendere più efficace la manutenzione di impianti: il tecnico manutentore con la videocamera inquadra l’impianto e sovrappone l’immagine. Bisogna considerare che dove opera Eni – in Pakistan piuttosto che in Iraq – spesso non c’è copertura. Le applicazioni devono funzionare anche se il dispositivo non è connesso: è necessario poter caricare offline l’informazione che serve, per esempio il layout dell’impianto. Per questo, stiamo valutando diversi modelli tablet con porte USB e la possibilità di usufruire di dati specifici anche in assenza di infrastrutture di rete.

Nella scelta dei dispositivi va ricordato anche che nei nostri impianti ci sono molte strutture metalliche imponenti che hanno quindi forti interferenze elettromagnetiche e che nelle raffinerie il rischio di incendi è molto elevato, e quindi la sicurezza è al primo posto. Sempre in tema di Mobility, Eni ha sviluppato un’App per la lettura dei contatori, utilizzabile anche dai clienti. Da tablet è possibile anche utilizzare l’applicazione di Collaboration eniWay, che integra sulle nostre reti IP tutti i servizi di fonia e dati inclusa la videoconferenza.

Chi è Gianluigi Castelli

Gianluigi Castelli è nato a Milano nel 1954 dove si è laureato in Fisica a Indirizzo Cibernetico nel 1978. Dall’agosto del 2006 è Executive Vice President ICT di Eni S.p.A.

Dal 2001 al 2006 ha ricoperto diversi ruoli all’interno del Gruppo Vodafone: inizialmente come CIO di Vodafone Italia, quindi è divenuto Chief Technology Officer di Vodafone Italia unificando sotto un’unica responsabilità tutte le tecnologie IT e di Rete. Infine, è stato CIO di Gruppo, con responsabilità di governo e integrazione di tutte le funzioni IT delle società operative del Gruppo Vodafone.

Dal 1997 al 2001 ha operato all’interno del Gruppo Fiat, prima come CIO di Fiat Auto, poi come Amministratore Delegato e Direttore Generale della società di servizi software del Gruppo (GSA). Nel 1996-1997 è stato CIO di Infostrada. Dal 1978 al 1996 ha ricoperto diversi incarichi all’interno di Etnoteam S.p.A., fino a diventare direttore della Divisione di System Integration. Dal 1978 al 1997 ha anche svolto attività accademica presso il Dipartimento di Scienze dell’Informazione dell’Università Statale di Milano. Nel 1995 ha vinto l’European Commission Information Technology European Award e nel 2009 l’EUCIP Champion Award. È inoltre presidente di CIO AICA Forum, il ramo italiano di EuroCIO.

I numeri di Eni

Fondata nel 1953 come Ente Nazionale Idrocarburi, Eni oggi è una Società per Azioni quotata sulla Borsa di Milano e al New York Stock Exchange (NYSE). È un’impresa integrata nell’energia, impegnata a crescere nell’attività di ricerca, produzione, trasporto, trasformazione e commercializzazione di petrolio e gas naturale, presente in 79 Paesi con circa 80.000 dipendenti. Nel 2010 ha prodotto 1,8 miliardi di barili di petrolio al giorno e ha venduto 97 miliardi di metri cubi di gas. I ricavi superano i 98 miliardi di euro.

Il Data Center più efficiente del mondo

Eni ha inaugurato lo scorso 3 ottobre a Ferrera Erbognone (Pavia) il cantiere che porterà alla realizzazione del nuovo Green Data Center, progettato per ospitare i sistemi informatici centrali di elaborazione di Eni attualmente dislocati sul territorio nazionale.

Il nuovo centro costituirà un primato nel Paese per tipologia e dimensione e utilizzerà le più innovative soluzioni tecnologiche improntate al risparmio energetico, consentendo di ridurre notevolmente anche i costi operativi. L’efficienza energetica del nuovo centro, che sarà completato entro il 2012, si tradurrà in una riduzione di emissione di CO2 pari a 335 mila tonnellate annue (un valore pari a circa l’1% dell’obiettivo italiano contenuto nel protocollo di Kyoto).

Il data center si contraddistingue per affidabilità, innovazione e sostenibilità, a partire dal luogo scelto per la sua realizzazione. L’energia per l’alimentazione verrà infatti fornita dalla vicina centrale Enipower e prodotta mediante turbogas a metano, la più pulita tra le fonti fossili di produzione di energia elettrica. La vicinanza permette inoltre di ridurre al minimo la dispersione di energia elettrica nel trasporto e garantisce la presenza costante di squadre di intervento altamente specializzate.

L’azienda si pone l’obiettivo di superare il miglior risultato in termini di efficienza energetica mai raggiunto dai data center a livello mondiale, misurata con il parametro standard internazionale PUE (Power Usage Effectiveness – rapporto tra consumi totali del data center e i soli consumi degli apparati dedicati ai processi informatici). Il Data Center di Eni raggiungerà un livello di efficienza pari a un PUE medio annuo inferiore a 1,2, migliore dell’attuale record a livello mondiale che è di 1,27 e alla media italiana che presenta valori tra 2 e 3.

L’efficienza del Data Center deriva soprattutto dal particolare sistema di raffreddamento adottato, che prevede l’utilizzo dell’aria esterna per almeno il 75% delle ore dell’anno, attraverso la tecnica del free-cooling diretto, limitando l’utilizzo dei condizionatori al solo rimanente 25% del tempo, soprattutto nella stagione calda. Inoltre, la temperatura di esercizio dei server non è come di solito tra 18 e 20 gradi, ma di 24 gradi, dato che le nuove tecnologie dei processori supportano temperature superiori rispetto al passato. In caso di guasto, il singolo blade dei server può essere sostituito senza difficoltà, essendo tutta l’infrastruttura virtualizzata.

Per la realizzazione del centro sono state messe a punto soluzioni totalmente innovative, come per esempio, sul fronte elettrico, i gruppi di continuità (UPS) in tecnologia off-line realizzati su commissione diretta di Eni, che, a differenza di quelli già esistenti, sono sempre spenti e si attivano rapidamente solo quando necessario.

Non ci saranno, inoltre, generatori diesel di emergenza: una doppia rete di alimentazione totalmente indipendente garantisce la costante disponibilità dell’elettricità. Inizialmente verranno allestite 4 delle 6 sale macchine previste, per un investimento di 98 milioni di euro. Il pay back del data center è in meno di 7 anni se calcolato a costi costanti dell’energia, un arco temporale destinato a ridursi all’aumentare del costo dell’energia.

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