Strategie

L’ICT a supporto della crescita di UniCredit

Massimo Milanta, Amministratore Delegato di UGIS, l’azienda di servizi informatici del Gruppo bancario, illustra il ruolo strategico delle tecnologie nel recente percorso di sviluppo di UniCredit: dall’integrazione di sette diverse banche in Italia alla creazione del modello divisionale, dal merger con Capitalia all’espansione in Europa orientale

Pubblicato il 01 Set 2009

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Massimo Milanta è Amministratore delegato di UniCredit Global Information Services, l’azienda di servizi informatici del Gruppo nata lo scorso maggio dal merger tra le aziende informatiche italiana, tedesca e austriaca di UniCredit: una multinazionale dei servizi ICT, che si colloca fra le prime 12 del settore ICT europeo, con 4.500 dipendenti, distribuiti in 19 siti presenti in otto paesi europei. In precedenza, ha ricoperto il ruolo di Group CIO, responsabile dello sviluppo delle strategie e architetture ICT di UniCredit.

Come è cambiato in questi anni il ruolo dell’ICT in un gruppo come UniCredit? Quali sono stati gli eventi ed i cambiamenti in cui il nuovo ruolo dell’ICT si è fatto maggiormente sentire?

Sin dal 1997, quando Credito Italiano e Rolo Banca 1473 diedero vita al Gruppo, nacque l’intuizione di una Information Technology come leva strategica per lo sviluppo del business; il driver di quella che definirei una scelta strategica vincente è stato il modello di servizio ICT, basato sostanzialmente su tre “pilastri”: 1) organizzazione: l’accentramento in un’unica entità di Gruppo di tutte le competenze ICT, budget compreso e la creazione di diversi Poli aziendali sul territorio, ognuno di essi dedicato alla progettazione / manutenzione / evoluzione di una o più parti del sistema informativo di Gruppo o di infrastrutture; 2) relazione con il business: la creazione di team dedicati alla gestione dei rapporti con i clienti; persone con ampia conoscenza del lavoro bancario oltre che informatico, in grado di parlare lo stesso linguaggio del business e quindi di porsi su di un piano paritetico con i clienti delle nostre aziende bancarie; 3) tecnologie: la creazione di un’unica piattaforma informatica multi canale di Gruppo, basata sulla gestione integrata ed univoca delle informazioni tramite un’infrastruttura comune sulla quale sviluppare diversi layer personalizzati per le specificità dei singoli business. Partendo da queste basi, l’ICT ha supportato la crescita di UniCredit. Dall’integrazione di sette diverse banche in Italia, alla creazione del modello divisionale con il progetto S3 (in 18 mesi vennero create tre nuove banche di segmento), dal merger con il Gruppo Capitalia (in circa un anno le tre principali banche dell’ex Gruppo capitolino sono state integrate nel sistema informativo), all’espansione in Europa centro orientale (il prossimo anno la nostra piattaforma tecnologica EuroSIG verrà implementata nelle Banche commerciali tedesche del Gruppo). Il ruolo dell’ICT si è quindi consolidato in questi anni; siamo diventati più maturi e forse anche più consapevoli delle nostre capacità e dell’importanza che rivestiamo per tutto il Gruppo.

Pensando agli eventi economici dell’ultimo anno, che in primis hanno influito sul comparto finanziario, come questi hanno inciso anche sugli obiettivi richiesti dal vertice all’ICT?

In UniCredit la situazione ci ha fatto accelerare i piani strategici – mantenendo il “banking model” industriale in cui le banche si occupano del loro core business, assistite in questo compito da aziende di servizi globali specializzate (Back office, ICT, ecc.) – focalizzandoci su una struttura di costi operativi sempre più snella e un’efficace governance dei rischi a livello di Gruppo. Il che significa per l’ICT perseguire l’evoluzione dell’attuale sistema informativo di Gruppo e dare priorità allo sviluppo di nuove funzionalità ed all’estensione al nuovo perimetro degli applicativi comuni di GES (Global Enterprise Services), quali MIS, B2E, ERP, CRO, CFO. Abbiamo ridisegnato le priorità, ma non il budget degli investimenti che ha privilegiato il “change” anziché il “run”. Ciò è stato possibile grazie al fatto che l’ICT in UniCredit è da tempo considerata leva strategica non solo per la crescita del business, ma anche per il conseguimento di sinergie economiche e la riduzione dei costi operativi. La nostra stretta integrazione con il business ci ha consentito già in passato, con le integrazioni dei Gruppi Capitalia ed HVB, e, più in generale, con la riorganizzazione dei servizi ICT globali, di conseguire savings target pari a circa 300 milioni di Euro; l’ICT di UniCredit, come tutto il Gruppo, è inoltre da sempre concentrata nella ricerca di soluzioni innovative finalizzate ad anticipare trend ed eventuali criticità emergenti nel mercato attraverso lo studio degli orientamenti del cliente/consumatore e delle sue aspettative verso il settore bancario e finanziario. Prioritaria è inoltre l’attenzione alla sostenibilità ambientale: abbiamo dimostrato che “Green ICT” significa non solo salvaguardare l’ambiente, ma anche risparmiare aumentando l’efficienza. I “Green criteria” possono essere adottati per influenzare lo sviluppo di iniziative alternative ed originali, ma la “Green ICT ” deve essere applicata ai processi quotidiani, non solo alle nuove iniziative.

In questo contesto le scelte di sourcing ICT del settore bancario, tipicamente di forte internalizzazione delle attività, possono orientarsi maggiormente verso il ricorso a fornitori esterni?

In UniCredit abbiamo sempre perseguito l’insourcing piuttosto che l’outsourcing. Al nostro interno abbiamo ottime competenze, dislocate nei diversi poli aziendali, e quindi preferiamo realizzare in house i prodotti informatici per la nostra clientela: desideriamo infatti mantenere all’interno il governo e la capacità di intervenire sugli applicativi, senza dover ricorrere ogni volta al supporto esterno. Anche nel caso di acquisti dall’esterno comunque ricerchiamo sempre fornitori che possano essere nostri partner, non semplici venditori di prodotti; cerchiamo infatti di acquisire le competenze necessarie a gestire anche i prodotti acquistati in prima persona, come dicevo prima, per averne il controllo completo.

In che modo l’internazionalizzazione ha influenzato le scelte di sourcing ICT?

Nel disegno globale della strategia ICT di UniCredit, anche l’internazionalizzazione si è basata sull’adozione del modello di servizio italiano, arricchito dalle best practice presenti a livello internazionale e sul modello dei Centri di competenza, centri specializzati nella gestione di una o più parti del sistema informativo o di infrastrutture o, ancora, di applicazioni che, per diversi motivi non sono state integrate nel sistema unico. Le diverse attività sono state assegnate alle sedi in cui erano presenti le migliori competenze per lo svolgimento dei relativi compiti operativi. Direi quindi accentramento all’interno di UniCredit Global Information Services – UGIS – (la società nata il 1° maggio scorso dal merger tra le principali aziende ICT di Gruppo, l‘italiana UGIS, la tedesca HVB IS e l’austriaca WAVE Solutions) di tutte le competenze e le attività informatiche di Gruppo, e delocalizzazione, a livello organizzativo, dei servizi e delle operation nelle 19 sedi aziendali in otto paesi europei.

Si sente spesso dire che, da un certo livello in su, per i manager dell’ICT più delle competenze tecnologiche contino quelle comportamentali e di business. A fronte di ciò, molti tra i CIO di successo hanno nel loro background percorsi da specialisti della tecnologia ed hanno conservato una forte “passione” per le nuove tecnologie. Come si conciliano queste due cose? In futuro vedremo una generazione di CIO privi di un background tecnologico o questo continuerà ad essere distintivo?

Il ruolo del CIO si sta connotando sempre più per la capacità di contribuire al successo dell’impresa. Il conoscere come la tecnologia possa supportare ed abilitare il business ed il saper parlare con il proprio cliente da un lato e con il Top Management dall’altro, la capacità di governo di vision e di progetto, la capacità di contribuire all’innovazione non solo di processo, ma anche di prodotto, stanno assumendo, a mio modo di vedere, sempre maggiore importanza. Rimane pur sempre vero che la competenza specifica nel proprio campo costituisce un bagaglio indispensabile per qualsiasi manager, a maggior ragione per chi si trova a dover operare nel mondo dell’Information Technology. I futuri CIO dovranno saper conciliare la “passione” per la tecnologia – elemento indispensabile in un campo così complesso e soggetto a mutamenti continui e rapidissimi – con le skill più tipicamente manageriali.In UniCredit l’ICT è un asset strategico fondamentale, una leva nelle mani del Group CEO per dare concretezza ai percorsi di trasformazione del business, percorsi che rappresentano grandi opportunità per il CIO, il cui ruolo sta rapidamente mutando dal punto di vista, direi, culturale. La capacità di ascoltare e intepretare i bisogni, il saper fornire soluzioni rapide ed efficaci, lo sviluppo di relazioni di fiducia con i clienti, la capacità di creare team di lavoro forti e competenti, e, infine, l’abilità nel gestire progetti complessi con una visione globale a medio-lungo termine, costituiscono a mio avviso le chiavi del successo, che, in passato erano forse limitate alla sola competenza tecnologica ed alla capacità di gestione degli economics.

In UniCredit come vengono presidiati i percorsi di carriera dei profili ICT?

In base alle skill ed al potenziale individuale, il cui assessment avviene a livello di Gruppo per mezzo di una specifica funzione, abbiamo i due percorsi classici: quello dei professional e quello dei manager. Sin dall’assunzione in Azienda, favoriamo lo sviluppo delle nostre risorse sia dal punto di vista tecnico (indispensabile per il nostro lavoro), sia manageriale. A questo scopo abbiamo messo a punto un sistema per la valutazione delle competenze delle nostre persone che, attraverso diversi step che vedono coinvolte le risorse in prima persona, i loro responsabili, l’area HR e la funzione formazione, è in grado di fornirci un quadro preciso della situazione aziendale. In base a questi risultati, alle valutazioni ed al potenziale di ciascuno vengono predisposti i relativi piani di sviluppo. Vengono in questo modo incentivati i processi di miglioramento della qualità e dei risultati, mentre vengono individuate le risorse chiave sulle quali puntare per fornire all’azienda il necessario ricambio manageriale. Non dimentichiamo poi i programmi interdisciplinari, a livello di Gruppo, per l’individuazione e lo sviluppo dei giovani talenti.

In questo contesto dinamico, la visione delle architetture sta evolvendo? In base alla sua esperienza, i nuovi modelli di Cloud computing possono rappresentare una risposta alle esigenze di flessibilità, scalabilità ed efficienza?

Per l’utente privato il Cloud Computing può essere un’opportunità sotto diversi aspetti, non ultimo quello economico: avere a disposizione applicativi gratuiti, sempre aggiornati e che non necessitino di essere installati sul proprio PC – che peraltro non deve essere nemmeno molto potente dal punto di vista della capacità elaborativa – poter condividere i propri “oggetti” (documenti, ecc.) con altre persone è una prospettiva allettante. Esiste però l’altra faccia della medaglia, che è rappresentata dall’impossibilità di operare in mancanza di collegamento alla rete e da possibili problemi sulla sicurezza dei dati personali e sulla privacy degli utenti. Per le imprese il discorso non è molto dissimile, tranne per il fatto che, probabilmente, gli applicativi a disposizione nel “cloud” potrebbero essere a pagamento. Certo è che, se adottato su scala aziendale, il Cloud computing potrebbe dare vantaggi in termini di riduzione del TCO, di semplificazione dei sistemi e delle infrastrutture dedicate all’informatica personale. Credo comunque che il problema della sicurezza sia quello maggiore: conservare i dati sul proprio notebook (peraltro criptati) o sulla NAS aziendale è ben diverso rispetto al lasciarli su di un server remoto per di più collocato in un’altra azienda. Potrebbe, viceversa, essere interessante costituire un cloud sulla rete interna al Gruppo, con i vantaggi citati prima e la sicurezza dei sistemi proprietari.

Siete l’unica banca ad avere realizzato un sistema integrato di sportello web. Quali le motivazioni e i vantaggi di questa vostra scelta?

Le applicazioni Web ci hanno consentito di integrare i diversi canali di vendita in un unico sistema, accessibile dagli operatori interni del front e del back office, così come dalle imprese e dai nostri clienti privati, tramite gli applicativi di remote banking che, per definizione, sono “WEB based”. Quest’ultimo punto è importante, perchè il confine tra WEB e “mobile” si sta sempre più assottigliando. In un futuro molto prossimo, la clientela potrà interagire con la propria banca direttamente dal dispositivo che predilige (anytime and anywhere), disponendo pagamenti, controllando i movimenti della carta di credito o effettuando operazioni bancarie attraverso gli SMS. Ecco allora che disporre di una piattaforma in grado di adeguarsi alle nuove possibilità tecnologiche costituirà un vantaggio competitivo. Siamo inoltre impegnati nel “Programma di Innovazione” di Gruppo che ha l’obiettivo di fornire nuove leve di crescita sostenibile al nostro business, ponendo al centro dell’attenzione la customer experience e la relazione con il cliente in ogni declinazione possibile. Quindi le sinergie tra le opportunità offerte dalla tecnologia e i bisogni dei clienti potranno sviluppare nuovi servizi, prodotti e modelli di business. In un contesto strategico di crescita organica, e in particolare in un contesto di market turmoil, l’innovazione tecnologica è una leva straordinaria per cogliere opportunità di mercato e contemporaneamente contribuire agli obiettivi di ottimizzazione e cost saving di Gruppo.

Che ruolo stanno svolgendo le applicazioni di Mobile Banking e di Mobile Finance in UniCredit?

La nostra filosofia è sempre stata quella di migliorare l’operatività dei nostri colleghi, svincolandoli dalle operazioni di routine, che possono essere eseguite in autonomia dalla clientela, per consentir loro di dedicarsi alla customer care, fornendo servizi professionali e ad alto valore aggiunto: seguire il cliente, fornirgli la miglior consulenza possibile per metterlo in grado di decidere sugli investimenti dei propri risparmi o sui migliori finanziamenti, è il nostro obiettivo principale; sin dall’apertura del primo Sportello “automatico” in Piazza Cordusio abbiamo sempre perseguito questo fine. La tecnologia “mobile” ci ha dato una grande mano in questo senso. Il nostro obiettivo principale è quindi quello di continuare su questa via, cercando di agevolare, con gli strumenti che le nuove tecnologie ci mettono a disposizione, la nostra clientela, fornendo soluzioni semplici, user friendly e sicure.

Quali sono altre significative applicazioni di Mobile & Wireless recentemente sviluppate dall’azienda?

Il nostro approccio al Mobile si sviluppa su due direttrici, una a breve e l’altra a medio termine, inserite in una visione integrata. A breve termine l’obiettivo è sviluppare il mobile banking focalizzandoci sulla customer experience più che su prodotti/servizi innovativi. A tale riguardo stiamo evolvendo verso piattaforme flessibili e modulari (chiamate “triple play”) in grado di offrire contemporaneamente prodotti diversi a clienti diversi sulla base della già citata customer experience. In questa attività facciamo leva sulle migliori esperienze e realizzazioni presenti nel nostro Gruppo nei vari paesi, mutuando e integrando idee e soluzioni. A medio termine l’obiettivo è sviluppare servizi innovativi a valore aggiunto, iniziando dai pagamenti via mobile, sia quelli di “prossimità” attraverso le nuove tecnologie NFC (Near Field Communication), sia quelli “remotizzati” attraverso l’impiego degli smartphone di ultima generazione. A tale riguardo la nostra struttura di ICT Innovation, fin dal 2008, ha costituito un laboratorio permanente sul mobile payment, per il monitoraggio tecnologico e la sperimentazione di nuove applicazioni di business.

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