Watson Summit a Milano: IBM rende popolare l’intelligenza aumentata

A Milano IBM apre Watson Summit 2017: focus su Watson, sul cognitive, sull’intelligenza aumentata e sui suoi impatti sulla vita quotidiana e sul business

Pubblicato il 16 Mag 2017

watson retail

Una scelta pop. Nel senso di popolare.
Così Luca Altieri, director marketing and communications, e Maurizio Decollanz, brand and communications leader in IBM Italia, definiscono la scelta di portare, per otto giorni, Watson tra la gente di Milano, in una “casa” temporanea, al Casello del Dazio proprio a ridosso dell’Arco della Pace e del Parco Sempione e Milano.
L’Italia ha bisogno di innovazione, la nostra crescita – quello 0,9 per cento che ci attribuisce l’Unione Europea – è del tutto insufficiente e ci colloca come fanalini di coda tra i Paesi dell’Unione.
Ma, come sottolinea Decollanz, “non si abbraccia una causa se non la si conosce, non la si capisce, non se ne conoscono i contorni”.
Ecco perché è il momento di riportare Watson tra la gente, dopo il primo test di poche settimane fa in occasione del FuoriSalone di Milano.
“Prima eravamo monolitici, oggi abbiamo indossato un abito più popolare, perché dobbiamo essere presenti tra le persone, perché l’innovazione non tocca solo le aziende, ma tutti noi e la nostra quotidianità. Le persone devono venire e toccare con mano la tecnologia e l’intelligenza di Watson”, spiega Altieri.
Watson Summit, così come pensato in questa occasione, è un evento che coniuga un fitto calendario di incontri e approfondimenti con un’area espositiva esperienziale nella quale è possibile vedere Watson all’opera in diversi scenari applicativi.

Toccare con mano l’intelligenza aumentata di IBM Watson

Per parlare di Watson, IBM volutamente abolisce il concetto di intelligenza artificiale preferendogli la definizione di intelligenza aumentata.
Del resto, come spiega Nicola Palazzo, financial services & Watson leader, “Watson è il sistema cognitivo di IBM che vive nel cloud di IBM e che consente di gestire meglio una conoscenza che già esiste, traendo informazioni da ambiti difficilmente raggiungibili dal cervello umano. Non si sostituisce all’uomo ma ne eleva le capacità, lasciandolo comunque al centro”.
Medicina, giurisprudenza, moda: come spesso si dice, il limite è probabilmente l’immaginazione quando si pensa agli ambiti in cui Watson può dare il suo contributo.
Così Fabiola Tisbini, director fashion & luxury industry, racconta di come l’intelligenza aumentata di Waston possa supportare e rivoluzionare il modo di gestire il mondo della moda, dalla produzione al marketing, fino ad arrivare alla conoscenza dei clienti con analisi strutturate e destrutturate.
Nico Losito, a sua volta, parla delle startup e del nuovo programma di accelerazione BizBang, lanciato proprio in questi giorni, mentre è di nuovo Nicola Palazzo, che, riferendosi ai recenti casi di cronaca e al fenomeno dei ransomware, spiega come da un anno e mezzo IBM abbia iniziato a istruire Watson sulla sicurezza.
“Analizzando dati storici e attuali, Watson è in grado di comprendere ciò che succede. Non è un antivirus, ma è in grado di comprendere i fenomeni in corso. Nel caso specifico di WannaCry, da tempo Watson aveva messo in guardia circa l’eventualità di un attacco di sicurezza di questo tipo. C’è dunque della responsabilità in capo a chi non ha posto in essere i rimedi del caso”.

Watson scandagli dunque la mole informativa in cerca dei trend, consentendo così di intervenire sul focolaio prima che diventi incendio: “Ma ci vogliono le persone che sappiano trasformare le informazioni in azioni. E questo vale in qualunque contesto”.

Focus su Industria 4.0

Di Watson e Industria 4.0 parla ancora Luca Altieri, sottolineando come la sfida sia non solo tecnologica, ma richieda uno sviluppo organizzativo e culturale. “Non basta portare intelligenza su una funziona aziendale: l’obiettivo deve essere aumentare la conoscenza degli operatori nelle imprese”.

Tutto questo avrà un impatto a livello occupazionale?
Certo, inutile negarlo. “Ma verranno meno mansioni ripetitive, mentre serviranno risorse per altre attività a maggior valore. Andremo a perdere alcune professioni, che verranno tuttavia sostituite da altre”, conclude Altieri.

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